Mi spiace ma, contrariamente a molti lettori e critici, a me questo libro non è piaciuto affatto; forse sono io a non aver capito il reale significato che ci sta dietro.
La storia tratta di due bambini, Alice e Mattia che diventano adolescenti e poi adulti portandosi un senso di colpa originatosi durante l’infanzia. Questo peso li rende fragili, spaventati ad intraprendere qualsiasi tipo di relazione con altre persone; ecco perché Mattia si definisce un “numero primo” e questa similitudine l’ho trovata veramente calzante! E’ un romanzo con una trama abbastanza semplice ma affronta diversi temi importanti per la nostra società, quali l’anoressia, il bullismo e l’omosessualità che però, sono trattati in modo rapido e superficiale, senza dare spazio a come questi influiscano sulle emozioni dei personaggi. Non mi è piaciuta l’idea che i due ragazzi continuino a vivere la loro esistenza in balia delle loro complicate problematiche, invece di affrontarle e risolverle; questo “accettare passivamente” tutte le conseguenze, causate dalla paura di confrontarsi con se stessi, oltre a non essere un buon esempio, fa sì che il finale sia vuoto ed irrisorio. La narrazione è scorrevole e fluida ma, i personaggi sono scarsamente tratteggiati e le vicende sono abbozzate giusto perché, il lettore “abbia un’idea” dei fatti accaduti. Alice e Mattia sono figure molto complesse e avrebbero meritato una descrizione più dettagliata, riguardo alle loro emozioni e soprattutto, alle motivazioni che li hanno portati a determinate scelte. Invece il tempo scorre troppo in fretta: più si va avanti con il racconto, e più le fasi della vita dei protagonisti sono solo accennate; tra un capitolo e l’altro ci si ritrova catapultati in situazioni inaspettate, conseguenti a decisioni non esposte al lettore: sembra manchino dei pezzi fondamentali per comprendere gli eventi.
In
conclusione mi aspettavo molto di più, un libro che si potesse definire un
classico moderno o meglio, un testo da cui trarre spunti di riflessione ma,
così non è stato.
E’ un gioco divertente …io ho comprato una cartina ad hoc in cui si colorano i vari paesi man mano che si visitano ma, ne esistono tante varianti. Una di queste, è la modalità online!
E’ un romanzo d’avventura fatto e finito, in cui non mancano gli elementi tipici: la giungla, le tormente, gli animali esotici e ovviamente, la ricerca di un tesoro! Infatti, il romanzo si ispira alla vita di Rudolph Augusto Berns, avventuriero ed imprenditore, che era alla ricerca di El Dorado ma scoprì Machu Picchu!
L’autrice, come spiega nelle ultime pagine del libro, ha deciso di scrivere questo racconto, dopo aver letto alcuni articoli riguardanti alcuni testi ritrovati nell’archivio della Biblioteca Nacional del Perù; in questi documenti veniva indicato che, un prussiano, A. R. Berns, aveva fondato una società per azioni, “Huacas del Inca” con lo scopo di finanziare una spedizione nella giungla peruviana e in particolare, in un sito archeologico, la cui collocazione poteva essere compatibile con quella di Machu Picchu. Sabrina Janesch che, oltre ad essere una scrittrice, è anche uno storico, ha iniziato a fare ricerche in Perù sia su Berns che su Bigham, ufficiale “scopritore” del famoso sito archeologico; proprio sfogliando il diario personale di Bingham, ha individuato un’annotazione su un incontro con un misterioso anziano di origine prussiana nell’insediamento di Mandor nei pressi di Machu Picchu. A questo punto, l’autrice ha cominciato ad elaborare la trama, riempiendo “i vuoti” con episodi derivati dalla sua fantasia ma assolutamente realistici, data la conoscenza del periodo storico e delle abitudini della popolazione locale.
La trama è incentrata sulla vita di Rudolph Augusto Berns: dalla sua infanzia, vissuta prima nelle campagne prussiane e poi a Berlino, passando per l’adolescenza, caratterizzata dal duro lavoro in fonderia fino ad arrivare all’età adulta; l’autrice coglie l’opportunità di raccontare anche la società e la cultura Ottocentesca sia in Europa che nelle colonie. Giunto ad essere un giovane adulto, Berns si arrangia svolgendo diversi lavori, infatti si arruola nell’esercito Peruviano, poi attraversa le Ande come ingegnere per la costruzione della storica ferrovia andina ed infine diventa esploratore, inseguendo il sogno che lo ha portato fino lì: trovare El Dorado. Il protagonista non è un cercatore d’oro ma, un esploratore nel vero senso della parola: passa tutta la sua infanzia ed adolescenza a studiare la cultura Inca con l’obiettivo di scoprire la città perduta non per trovare un tesoro ed arricchirsi.
La storia mi è piaciuta, anche se ho trovato alcune parti, soprattutto quelle iniziali troppo prolisse; si deve tenere conto che la scrittrice, essendo uno storico, abbia reputato importante descrivere l’ambientazione in cui ha collocato il personaggio, in modo da far comprendere al lettore le motivazioni di una vita così avventurosa. Consiglio questo libro agli amanti dei romanzi di avventura e soprattutto, a chi ha viaggiato in Perù, poiché durante la lettura, riappaiono come per magia tutti i siti visitati: da Cuzco alle vette andine, dalla giungla ai terrazzamenti Inca.
Una nota particolare per la copertina dell’edizione italiana di Neri Pozza: davvero un bel colpo d’occhio quando si adocchia il libro su una bancarella!
La storia narrata è attuale e triste; il protagonista è Oskar Schell, bambino newyorkese rimasto orfano di padre, dopo l’attentato terroristico dell’11 settembre 2001. Oskar, sebbene sia un bambino coscienzioso e curioso, non riesce a introiettare il lutto e cerca continuamente una motivazione razionale a quello che è successo, attraverso monologhi e domande esistenziali. La trama si incentra sul ritrovamento di una chiave misteriosa nell’armadio del padre, a cui Oskar, cercherà di dare una spiegazione, vagando per la metropoli in cerca del proprietario, un certo “Black”. La narrazione però, è caratterizzata da altri filoni importanti per il significato intrinseco del romanzo, come, l’incontro dei nonni paterni nei primi anni Cinquanta o il bombardamento di Dresda durante la Seconda Guerra mondiale. Inizialmente, ogni capitolo sembra raccontare una storia a sé, dov’ è molto difficile capire chi sia il protagonista e come l’episodio possa legarsi alle vicende di Oskar ma, durante la lettura, tutti i pezzi vanno al proprio posto!
“Molto forte, incredibilmente vicino” non tratta solo della difficoltà di superare un lutto ma, descrive molteplici e poliedriche relazioni umane, attraverso emozioni e sentimenti intensi e a tratti, disperati; qualche esempio possiamo trovarlo quando si parla dello stretto legame tra Oskar e il padre oppure, del rapporto tra la nonna e il nipote, basato su una solidarietà e aiuto reciproco, o dell’impossibilità per due persone di creare un futuro insieme, poiché non riescono a superare i traumi vissuti in gioventù. E’ proprio questo, insieme alla tipologia di scrittura, che rendono il libro un piccolo capolavoro della letteratura.
Infatti, il romanzo mi ha conquistata poco alla volta…all’inizio, pensavo addirittura di non terminarlo, visto la particolarità della scrittura e la confusione delle vicende raccontate. Non capivo nulla, mi sembrava non ci fosse né un capo né una coda ed inoltre, i monologhi e le domande serrate di Oskar non aiutavano la comprensione. COME MI SBAGLIAVO!!! Dopo essermi abituata al testo, la trama pian piano ha preso forma e la lettura è diventata fluida e coinvolgente.
Dal libro hanno tratto anche un film; non l’ho ancora visto ma spero davvero che il regista abbia messo in luce le emozioni che vengono così ben descritte da Jonathan Safran Foer.
Andare in Perù era il mio sogno fin da bambina, quando la maestra ci raccontava di Machu Picchu…così misterioso, nascosto nella la foresta tropicale peruviana! Ed è proprio così! Ma il Perù non è solo Machu Picchu …è un paese ricco di bellezze artistiche come Cuzco ed Arequipa ma anche la natura ha un ruolo predominante. Ho potuto navigare sull’oceano Pacifico, raggiungendo le isole Ballestas e la sua ricca fauna composta da foche, pinguini e tanti tanti volatili, risalire verso praterie sconfinate, situate alle pendici delle cime andine, osservando lama, alpache e vigogne, raggiungere il più alto lago navigabile al mondo e infine, arrivare alla foresta amazzonica! Una varietà di scorci e paesaggi in cui, la natura è l’assoluta protagonista e in cui, il visitatore non può che contemplare, attonito, tanta maestosità. Un altro aspetto che cerco sempre di conoscere durante il viaggio, sono gli usi e i costumi della popolazione che abita la regione. La cultura peruviana oltre che essere millenaria, è ancora molto legata alla Pacha Mama e più in generale alle tradizioni passate. E’ caratteristico visitare i mercati dove, la frutta e la verdura esposti colorano le bancarelle oppure i villaggi dove, la gente ti accoglie con disponibilità e cortesia ancora autentiche e genuine. A parer mio, le signore sedute al mercato, con i visi scottati dal sole e sorrisi contagiosi ben rappresentano i costumi locali.
Prima di scrivervi
nel dettaglio il viaggio che abbiamo intrapreso, volevo avvisarvi di tre cose;
la prima è il consiglio di assumere fermenti lattici e continuare durante tutto
il viaggio. Bisogna evitare di mangiare cibo proveniente dai banchetti del
mercato, sbucciare sempre la buonissima frutta tropicale e bere l’acqua in
bottiglia (anche per lavarsi i denti). Come già scritto per il viaggio in
Uzbekistan, non è dovuto alla sporcizia ma, alla differenze della flora
intestinale delle popolazioni nel mondo; noi abbiamo un’alimentazione del tutto
diversa per cui dobbiamo avere qualche precauzione, per non incorrere in una
terribile gastroenterite acuta! La seconda cosa, riguarda l’escursione alle
linee di Nazca. Premesso che è sensazionale sorvolare il deserto con un
aeroplano, per ammirare dall’alto questo sito così particolare, bisogna
avvisarvi che, se soffrite di mal di mare o avete problemi di labirintiti
ricorrenti forse, non è il caso di effettuare questa escursione. Io soffro di
mal di mare ma non ho mai sofferto l’aereo, anche velivoli molto piccoli non mi
hanno mai dato fastidio: a Nazca sono stata veramente male. Il volo è durato
mezz’ora scarsa ma, il pilota per migliorare la visibilità, muove la cloche a
dx e sn e l’aeroplano vira molto repentinamente da una parte all’altra. Non
fraintendetemi, sebbene abbia vomitato praticamente tutto il viaggio e sia
stata un’ora e mezza in infermeria per riprendermi, (con l’infermiera che era
assolutamente tranquilla visto che è una situazione molto frequente) mi è piaciuto
molto, poiché nonostante tutto ho adocchiato dal finestrino le varie figure.
Però, mi sembra giusto avvisare i viaggiatori!!! La terza cosa di cui volevo
parlare, è l’altitudine; consiglio per le persone “più adulte” o chi ha
patologie croniche, di chiedere al proprio medico di famiglia un consulto per
il viaggio, visto che altitudine può essere un fattore di rischio per esempio
per i cardiopatici. Detto ciò, anche i giovani possono patire il cosiddetto
“mal d’altura” per cui, bisogna seguire attentamente le indicazioni delle guide
che, forniscono consigli davvero preziosi!
1° GIORNO: Partenza
Partenza da
Milano Malpensa per Madrid e poi coincidenza con volo Madrid-Lima. Arrivo in
serata a Lima. Un po’ sballottati siamo andati subito a letto dopo aver
sgranocchiato qualcosa.
2° GIORNO: Lima
Ci siamo recati di prima mattina verso il centro storico di Lima e precisamente a Plaza de Armas (ne troverete una in tutte le città del Perù!) con la Cattedrale e il Palazzo del Governo. Successivamente, abbiamo visitato il vicino Monastero di San Francesco che mi è piaciuto molto, soprattutto la parte sotterranea: un po’ grottesca ma particolare. Girando per il centro storico si possono osservare i bellissimi edifici coloniali con i famosi balconi. E’ molto importante fare attenzione a rimanere sempre in zone frequentate; Lima è una città abbastanza pericolosa e alcuni quartieri sono off-limits, per cui, vi consiglio vivamente di assumere una guida locale. E’ l’unica città in Perù in cui abbiamo avuto qualche accortezza perché, nei centri più piccoli, non c’è alcun problema. Nel pomeriggio ci siamo recati al Museo Larco, dove abbiamo ammirato i pochi reperti di epoca pre-incaici rimasti in Perù; sono davvero interessanti gli artefatti in oro ed argento e merita una visita anche il giardino ricco di Bouganville! Inoltre, si può visitare il quartiere di Miraflores, moderno dato l’elevato numero di grattacieli che si affaccia su un lungomare famoso per ristoranti di alta cucina.
3° GIORNO:
Viaggio in pullman verso Paracas
Giornata di
viaggio ma comunque interessante perché abbiamo scorto dal finestrino
innanzitutto la periferia di Lima, caratterizzata, purtroppo, da numerose
favelas e poi, percorrendo “Panamericana Sud”, abbiamo costeggiato la Costa del
Pacifico.
4° GIORNO: Isole Ballestas e Nazca
La mattina, dopo una passeggiata in riva all’oceano ci siamo imbarcati e ci siamo diretti verso l’arcipelago delle isole Ballestas, piccola oasi abitata da foche, pinguini di Humboldt, leoni marini e tante varietà di volatili; un ecosistema multiforme creatosi per la presenza di molto pesce e plancton trasportato dalla corrente di Humboldt. Non si attracca sull’isola perché è vietato ma, è sorprendente riuscire ad osservare gli animali nel proprio habitat, così a stretto contatto. Se patite i profumi intensi, portatevi un fazzoletto profumato perché, l’odore del guano non è proprio dei migliori! Lungo la navigazione, abbiamo fatto tappa per osservare dal mare il famoso “candelabro o cactus”, (a seconda delle interpretazioni) tracciato sul fianco di una collina sabbiosa; un antipasto di quello che avremmo visto nel pomeriggio. Nel pomeriggio ci siamo diretti a Nazca per l’escursione alle famose linee disegnate nel deserto. Queste tracce risalgono al periodo pre-incaico e sono figure stilizzate, raffiguranti animali o altri oggetti realizzate, spostando le pietre contenenti ossidi di ferro, dalla superficie del deserto; in questo modo, hanno creato un contrasto cromatico con il pietrisco sottostante, di colore più chiaro. Questo sito, è considerato uno tra i misteri più affascinanti al mondo, perchè i disegni si possono scorgere solo dall’alto! Come hanno fatto popolazioni vissute nel II secolo d.C ad ideare e realizzare tutto ciò? Considerate che, non sono solo abbozzi di figure ma, disegni veri e propri: il ragno è rappresentato anche con l’organo genitale maschile, normalmente microscopico! Insomma, vale la pena fare una sosta nel deserto di Nazca ma, vi rimando a ciò che ho scritto nell’introduzione, sebbene sia un’esperienza indimenticabile, valutate bene se salire sul piccolo aeroplano e iniziare l’avventura!
5° GIORNO: Viaggio in pullman verso Arequipa
Tutta la
giornata è spesa viaggiando in pullman verso Arequipa. Otto ore di viaggio ma
comunque ci si consola ammirando splendidi paesaggi: prima le scogliere a picco
sull’oceano (strada spettacolare ma si spera nella bravura dell’autista dato
che è stretta e molto trafficata!) poi, si comincia a salire verso l’interno.
In realtà non ce ne si rende conto, perché il tragitto non è caratterizzato da
tornanti o strade strette come le nostre in Italia. Durante una sosta abbiamo
ammirato in lontananza un vulcano attivo con una colonna di fumo che saliva al
cielo, per noi può sembrare strano ma in Perù è un fenomeno normale!
6° GIORNO: Arequipa
Intera giornata dedicata alla visita della “Ciudad Blanca”, dal colore della pietra con la quale sono stati costruiti gli edifici; il suo centro storico è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità UNESCO nel 2000. Ci siamo recati in diverse chiese come la Cattedrale, costruita in stile neoclassico utilizzando una pietra vulcanica denominata “Sillar”, il Complesso della Compagnia, eretto dai Gesuiti per abitazione e luogo di culto ed infine, la Chiesa di Santo Domingo. Consiglio vivamente la visita al Convento di Santa Catalina, un gioiello unico, una città nella città composto da chiese, chiostri, piazzette, edifici colorati che conservano intatto il fascino del XVI secolo. Nel pomeriggio siamo andati al Santuarios Andinos per ammirare la famosa mummia Juanita; in realtà noi abbiamo visto l’altra mummia Sarita ma la storia è molto simile. Una ragazza inca, vergine, sacrificata a più di 6.300 m di altitudine, per acquisire la benevolenza degli dei. Nel museo sono presenti tutti gli artefatti ritrovati insieme alla mummia che, raccontano usi e costumi di questo popolo antico. Nonostante l’altitudine (2.335 m), non abbiamo avuto alcun sintomo per cui, la sera, ci siamo concessi una passeggiata, con un assaggio del Pisco. Arequipa, al contrario della capitale, è molto tranquilla e non c’è alcun problema di sicurezza.
7° GIORNO: Viaggio in pullman verso Canyon del
Colca e Chivay
Si parte per il Canyon del Colca! Anche questa giornata è stata caratterizzata dal viaggio in pullman ma il paesaggio dal finestrino ci ha ricompensati pienamente. Lungo il tragitto abbiamo ammirato praterie immense, qua e là costellate da greggi di alpache e gruppi di vigogne e sopra le nostre teste un il un meraviglioso cielo che sembrava toccare l’erba talmente era basso. Inoltre, abbiamo fatto una sosta presso un punto di ristoro tipico dove, si preparava un’ottima tisana di mate de coca. Per il mate de coca bisognerebbe aprire un capitolo a parte ma, cercherò di spiegarlo in poche righe; è una tra le bevande tipiche peruviane: un’infusione di foglie di coca. Avete capito bene! le foglie sono le stesse che sono utilizzate per produrre la cocaina ma, preparate come infuso, perdono gran parte degli alcaloidi che sono i veri stimolanti, facendo diventare il decotto solo lievemente eccitante (simile a tè e caffè). Questo infuso è consigliato per combattere i sintomi indotti dall’altitudine ma, in realtà, la vera precauzione che si deve utilizzare è quella di bere molto, in modo da compensare lo sbilancio elettrolitico che si può creare all’interno del nostro organismo. Tornando al viaggio, il momento più importante della giornata è stato il raggiungimento dell’altezza dei 4910 mt dove, scesi dal pullman, un po’ scombussolati (l’altezza si fa sentire!), sotto qualche fiocco di neve, abbiamo fatto la classica foto con lo sperone di roccia che ne indicava il traguardo! Sembrava di essere sulla luna…all’orizzonte si intravedevano cime innevate ancora più alte. Che giornata! Mi restano nella mente immagini di natura incontaminata e selvaggia dove l’uomo è ancora una figura marginale…e speriamo si mantenga così! All’arrivo ci siamo trovati in un hotel spettacolare, immerso nella natura, in fondo al canyon dove ci siamo concessi un bagno all’aperto nelle fonti termali. Super rilassante!
8° GIORNO: Canyon
del Colca e Chivay
Appena svegli e pimpanti, ci siamo recati alla “Cruz del Condor”, il miglior luogo per ammirare il Canyon del Colca, uno dei più profondi al mondo. Siamo stati fortunati e abbiamo potuto osservare imponenti condor che risalivano lungo le pareti del canyon utilizzando la corrente ascensionale di aria calda. Non pensavo davvero di vederne così tanti e così da vicino! Successivamente, abbiamo visitato la piccola ma caratteristica cittadina di Chivay con la sua chiesetta colorata e il suo mercato. Il mercato di Chivay è forse il più tipico tra tutti quelli dove siamo stati; non è così turistico come altri e le signore del posto vestono tutte abiti tradizionali. In seguito, siamo partiti alla volta di Puno; abbiamo scavallato di nuovo il passo dei 4910 e in 5 ore siamo arrivati a Puno, cittadina non troppo bella (bisogna dirlo) sul lago Titicaca, il lago navigabile più alto al mondo, (ca 3810 mt sul livello del mare). Alcuni compagni di viaggio, in questa tappa, hanno avuto qualche lieve sintomo dovuto all’altitudine ma poi regrediti in serata. Bisogna muoversi piano, senza fretta, anche perché, diversamente, l’affanno è dietro l’angolo!
9° GIORNO: Lago
Titicaca e Puno
Ci siamo diretti con una barca alle isole Uros che punteggiano il lago; queste sono piccole e galleggianti poiché sono create come luogo di abitazione dalla popolazione locale, appunto gli Uros, con terra e “tatoro” cioè il bambù che cresce sulle sponde del Titicaca. Ogni isolotto è abitato da 3 a 10 famiglie, imparentate tra loro e quando c’è un litigio o non si va più d’accordo, nessun problema…si taglia il terreno con una grossa sega, creando due aree separate! Nel pomeriggio, dovevamo recarci in un’isola più grande, quella di Taquile, ma purtroppo è sopraggiunta la pioggia, per cui abbiamo visitato alcuni paesini nelle vicinanze di Puno grazie alla quale, ci siamo resi conto della vita reale nelle campagne dove le strade, spesso non sono asfaltate e le case non sono terminate.
10° GIORNO: Verso
Cuzco
Siamo saliti a bordo del pullman in direzione di Cuzco; da questo punto in poi abbiamo cominciato ad entrare in contatto con la cultura inca. Innanzitutto, ci siamo recati al Parco Archeologico di Raqchi, centro religioso cardine per conoscere le tradizioni inca poiché, era dedicato al Dio Superiore, considerato il vero creatore del mondo. Il tempio di Viracocha, svetta ancora maestoso, con le colonne ben conservate e lascia intuire lo splendore narrato negli scritti che ci sono pervenuti.Successivamente, abbiamo fatto un’altra sosta per visitare due piccole chiesette: San Pedro di Andahuaylillas e San Juan Bautista de Huaro. Entrambi i santuari, edificati dai Gesuiti, esternamente presentano semplici facciate, quasi anonime, mentre l’interno, lascia il visitatore sbalordito; è impressionante, infatti, la quantità di affreschi che ricoprono le pareti e il tetto, caratterizzati da modelli geometrici e motivi floreali che seguono i canoni dello stile “Barocco Andino”. In San Juan de Huaro, è possibile ammirare un affresco grandioso e grottesco sul giudizio universale in cui, con gran dovizia di particolari, si rappresentano varie torture medievali inflitte ai peccatori ma anche, come salgono al paradiso i più meritevoli.
11° GIORNO: Valle Sacra, Chinchero e Aguas Calientes.
In questa giornata ci siamo immersi a pieno nella storia della popolazione Inca. Ci siamo recati nella valle sacra dove ci siamo fermati a Cinchero e a Pisac; mi sono piaciute ma, le ho trovate troppo turistiche. Successivamente, ci siamo diretti alle saline di Maras; ero veramente curiosa di ammirare questo luogo e non mi ha deluso! Al fondo delle pendici di una collina, si scorgono terrazzamenti costituiti da 3000 “piscine” bianche che assumono molteplici sfumature di colore a seconda dell’inclinazione e della luminosità dei raggi solari. Dopo pranzo, abbiamo visitato Moray e i suoi incredibili terrazzamenti circolari concentrici, che servivano per adattare le diverse specie di piante a differenti quote di altitudine; questo è un esempio di quanto il popolo inca fosse veramente molto abile nell’ingegneria e nell’agricoltura. Infine, siamo giunti ad Ollantaytambo dove abbiamo visitato l’imponente fortezza che proteggeva l’entrata alla Valle Sacra, ma era utilizzato anche come osservatorio astronomico per determinare gli equinozi e le date astronomiche. Inoltre, Ollantaytambo è un tipico esempio di un villaggio Inca che ha conservato nel tempo lo schema di strade e canali. Verso il tardo pomeriggio siamo saliti sul “Perù Express” per raggiungere Aguas Calientes, punto di partenza per Machu Picchu.
12°
GIORNO: Machu Picchu.
Sveglia alle 4.00 per mettersi in coda (era già molto lunga)! Verso le 6.00 siamo saliti sul pulmino che ci ha portati in cima alla collina dove si trova l’ingresso. Infatti, il sito archeologico venne costruito nel punto più alto della montagna dal re inca Pachacútec e comprende terrazzamenti, case, templi, realizzati con grandi blocchi di pietre tutte incastrate tra loro senza l’utilizzo della malta. Di fronte a “Machu Picchu” (che significa vecchia montagna), è ubicato il “Huayna Picchu” (giovane montagna) una vetta raggiungibile a piedi con un’ora di camminata da cui si può godere di una vista spettacolare su tutta l’area. Noi non ci siamo andati perché ci hanno raccontato si un sentiero molto ripido e poco sicuro ma, abbiamo raggiunto la Puerta del Sol con una camminata di circa un’ora. Se per un attimo si dimenticano le centinaia di turisti che affollano l’area, è davvero affascinante ammirare, di prima mattina, il paesaggio che si presenta davanti al visitatore, quando si risale i terrazzamenti maya; all’inizio, le nuvole galleggiano a mezz’aria e c’è una lieve nebbiolina che offusca la città ma poi, pian piano, il sole si alza in cielo e illumina le strutture in pietra che risplendono tra il verde delle montagne! E’ una sensazione difficile da descrivere in poche righe ma è davvero un ricordo indimenticabile.
13°
GIORNO: Cuzco e dintorni
Appena svegli, ci siamo recati nei dintorni di Cuzco ed esattamente a Sacsayhuamán, celebre per quella che potrebbe sembrare una maestosa fortezza ma, in verità, gli Inca erano una popolazione pacifica per cui si pensa fosse un sito per cerimonie religiose. Sull’origine di questo sito sono state avanzate le teorie più disparate per spiegare come la popolazione avesse potuto trasportare il materiale e soprattutto, come abbia fatto a tagliare massi così perfetti da incastrarsi uno sull’altro senza utilizzare i moderni strumenti da taglio, senza uso della malta. In realtà, questa particolarità è propria di tutti i siti inca a partire da quello di Ollantaytambo o Machu Picchu. A dieci minuti di cammino da questo luogo, si trova la statua del Cristo Blanco, situata all’apice di una collina, affacciata su Cusco, in modo da abbracciare tutta la città. In seguito, ci siamo recati ad un lanificio dove dopo aver dato un’occhiata, abbiamo comprato tipici maglioni colorati peruviani di lana di Alpaca! Sono un po’ più cari di quelli visti sulle varie bancarelle dei mercati ma, ne vale la pena poiché sono caldi, morbidi e si lavano a mano senza problemi. Nel pomeriggio, ci siamo persi tra le vie di Cusco; ho notato che questa città sebbene più grande delle altre, è più pulita e curata. Il centro storico, dichiarato Patrimonio dell’Unesco nel 1983, è caratterizzato da strade e case di varie epoche storiche, tutte ristrutturate con tetti costituiti da tegole rosse. Ovviamente, il centro nevralgico è Plaza des Armas, dove secondo la leggenda, si conficcò il bastone d’oro dell’Inca Manco Capac, indicando il luogo esatto dove fondare la città che sarebbe diventata la capitale dell’Impero. Sulla piazza, circondata da un lato da portici, si affacciano l’imponente cattedrale, con una grande scalinata e la chiesa riccamente decorata della Compañía de Jesús. Per accedere alla piazza, vi consiglio di attraversare il vicolo pedonale di Loreto, caratterizzato da muri inca su entrambi i lati. In realtà, la Cattedrale è costituita da tre chiese edificate in periodi diversi, assolutamente riconoscibili poiché vi è un intreccio di elementi in stile gotico, barocco e rinascimentale. Il primo nucleo, sorto sulle rovine del Palazzo del re Inca Viracocha, è l’Iglesia del Triunfo. A questa sono state annesse il Templo de la Sagrada Famiglia e la Basilica vera e propria che si trova al centro del complesso. Insomma è davvero un edificio maestoso, costruito utilizzando pietre del complesso di Sacsayhuamán e dei numerosi palazzi inca di Cuzco. Una tappa imprescindibile di questa città, è la visita del Qoricancha, tempio del sole per la popolazione Inca che poi venne trasformato dagli spagnoli, dopo che l’ebbero depredato di tutto l’oro e l’argento, nell’Iglesia di Santo Domingo. Di tutte le ricchezze della struttura non rimane più nulla ma, è interessante sapere che, dopo il devastante terremoto del 1950, sono crollate molte parti costruite in epoca coloniale mentre rimasero in piedi le strutture di origine inca, rivelando veri e propri tesori architettonici, prima nascosti. Vi consiglio di farvi un giretto serale per le viuzze di Cuzco; è assolutamente sicuro ed è interessante ammirare questa città anche la sera. Noi siamo incappati nella festa delle croci in cui diverse processioni attraversano la città accompagnate da balli tradizionali e falò.
14°
GIORNO: Ritorno
Mi viene in mente un solo aggettivo per descrivere questo viaggio:
indimenticabile. Il Perù ha molto da offrire a tutte le tipologie di
viaggiatori proprio perché il suo territorio è eterogeneo. Questa nazione però
si fa amare anche attraverso la popolazione, ospitale e disponibile o
attraverso il cibo, date le numerose tipologie di materia prima. Per cui,
quando i tempi saranno più propizi, mettetelo nella lista dei futuri viaggi…non
ve ne pentirete!
LETTURA CONSIGLIATA
La città d’oroSabrina Janesch (2017) Romanzo storico e d’avventura
Questo romanzo si compone di tre parti, ciascuna delle quali racconta, da un differente punto di vista, la crisi di un matrimonio e le sue tragiche ripercussioni su tutti i componenti della famiglia. Inizialmente viviamo la storia attraverso la rabbia e il rancore di Vanda, la moglie tradita e abbandonata, con i due figli piccoli, dal marito. Veniamo attraversati dal dolore e dall’incredulità di una donna, giovane ma già provata, che assiste al disfacimento della propria esistenza e la cui frustrazione, finisce per investire i figli, soffocati da un amore assoluto e, a tratti, distruttivo. E’ poi il turno di Aldo, il marito, che racconta la sua versione dei fatti e parla di un rapporto finito, di un’infelicità latente ma profonda, che lo conduce tra la braccia di un’altra donna, non una qualsiasi, ma colei che si rivelerà essere l’amore della sua vita. Nonostante la felicità ritrovata, i sensi di colpa nei confronti dei figli, lo porteranno a riconsiderare le sue scelte e a tornare a casa dopo qualche anno e incolmabili rinunce. Infine, siamo testimoni sgomenti delle rivelazioni dei due figli, spezzati dall’instabilità dei genitori e irrimediabilmente incapaci di trovare una qualche serenità emozionale. Un romanzo semplice ma intenso, in cui assistiamo al disfacimento dell’istituzione per antonomasia, la famiglia, che da luogo positivo di crescita e realizzazione, si trasforma in una prigione, in cui gli individui sono confinati in ruoli statici, prestabiliti dalla società, e dove si stigmatizza la ricerca della felicità personale, in nome di presunti obblighi sociali. I protagonisti, infatti, scopriranno, loro malgrado, di essere legati gli uni agli altri unicamente da relazioni abbozzate e distruttive, o meglio, imbrigliati da sottili e fragili lacci. Un romanzo cinico e profondo che sa far male raccontando una storia di infelicità come tante, troppe se ci guardiamo intorno.
E’ l’autobiografia romanzata della giovane autrice americana, docente di Storia all’Università di Cambridge, che ha vissuto la sua infanzia, lontano dalle tecnologie e in preda ad un padre-padrone maniacale e al fratello violento.
E’ un romanzo forte, a tratti crudo ma, è davvero un libro che dovrebbero far leggere a scuola per capire quanto l’educazione sia fondamentale nella vita di un ragazzo. La narrazione è fluente e il lettore è trasportato nella vita della protagonista, soffrendo con lei e sperando che, possa fuggire da quella prigione in cui è nata. La chiave di volta è infatti l’istruzione che, conferisce a Tara, la consapevolezza del pericolo e del rischio alla quale è sempre stata esposta. E’ talmente influenzata dai famigliari, di credo mormone che, permane in lei un senso di colpa e un’inadeguatezza tale, da impedirle di gioire per i suoi traguardi accademici. Poco a poco il castello di terrore, superstizione e deliri a cui era abituata cade, ma è difficile per lei, rendersi conto che non potrà più tornare indietro; non può coesistere la sua vita nella società odierna e il mondo delirante in cui i suoi famigliari si ostinano a vivere.
Ammiro molto questa ragazza, non solo per la sua intelligenza ma soprattutto, per la sua forza, che le ha consentito prima di tutto, di sopravvivere e poi, di ripartire dopo un lungo percorso di sofferenza, ricostruendosi una nuova vita in un mondo, a lei parzialmente estraneo. Mi ha sconvolto l’estremismo dei genitori che, pur di seguire i “loro precetti”, hanno messo a rischio la vita dei figli e che, sono talmente accecati dalle loro convinzioni, da negare la realtà e allontanare una figlia riconoscendola come “Satana”.
Tara è una mia coetanea, mi angoscia pensare che sia cresciuta negli Stati Uniti e che abbia vissuto la sua infanzia a raccogliere rottami in discarica, mentre io frequentavo le elementari; mentre io vivevo le prime esperienze come adolescente, lei era malmenata dal fratello sentendosi chiamare “Puttana” per essersi truccata.
Questa storia mi ha turbato e appassionato poiché, si racconta di tante cicatrici fisiche e psicologiche ma anche del riscatto e dell’emancipazione! Consiglio assolutamente la lettura di questo libro, magari in un momento in cui la mente è libera da preoccupazioni e si può intraprendere una lettura un po’ più impegnativa: ne vale assolutamente la pena, fidatevi!
“Tutto quello che ho udito di Marakanda (Samarcanda) è vero, tranne il fatto che è più bella di quanto immaginassi.” (Alessandro Magno)
PERIODO: Maggio
DURATA : 8 giorni e 7 notti
Paese che inizialmente
non desta alcun ricordo nella nostra mente, se non qualche reminiscenza che
l’Unione Sovietica fosse costituita da tanti stati, il cui nome spesso
terminava con il suffisso “-Stan”. Però appena si cita il nome di Samarcanda,
la più famosa città di questa nazione, subito si accende una lampadina che,
porta a secoli lontani in cui le carovane dall’Oriente trasportavano spezie e
tessuti fino in Occidente attraverso la Via della Seta. Inoltre. quasi
automaticamente, si comincia a canticchiare il ritornello della canzone di
Vecchioni…
“corri cavallo, corri ti prego
Fino a Samarcanda io ti guiderò,
Non ti fermare, vola ti prego
Corri come il vento che mi salverò
Oh oh cavallo, oh, oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh, cavallo, oh oh”
Ma l’Uzbekistan non è solo Samarcanda. E’ un paese che si sta mostrando al mondo dopo un periodo di chiusura politica, culturale e sociale; è un paese ospitale, rivolto al futuro senza dimenticare le sua millenaria storia. Eh si, da queste terre ci sono passati personaggi storici celebri quali, Alessandro Magno, Gengis Khan o Marco Polo ma, è anche interessante scoprire come, a fine Ottocento, sia diventata una regione cardine nel panorama politico e strategico di alcuni imperi come quello Russo, Inglese o Persiano. Insomma, visitare questa regione significa immergersi nella storia, ammirando l’arte e gli edifici pervenuti a noi dopo secoli di guerre e riappacificazioni, entrando in contatto con le tradizioni locali delle molteplici popolazioni che hanno colonizzato questi territori.
Io e mia mamma che, è stata la mia compagna in questo viaggio, abbiamo scelto un pacchetto organizzato primo, perché è ancora un paese non così abituato alla presenza di turisti quindi, non ci sono molte strutture alberghiere e inoltre, la lingua inglese non è parlata; in secondo luogo perché, gli spostamenti interni sono molti, sebbene il tempo sia poco, per cui l’organizzazione dell’itinerario sarebbe stata complessa e si sarebbe sprecato troppo tempo tra una meta e l’altra.
Quello che mi ha particolarmente colpita è l’attenzione all’ordine e alla pulizia; dal paese di campagna fino alla metropoli, non si vede una cartaccia per terra: tutte le strade e i marciapiedi sono puliti, le stazioni della metropolitana sono lucenti, i giardini curati nei minimi particolari da giardinieri che affollano parchi e giardini pubblici. Un retaggio dell’Unione Sovietica? Chissà, forse…comunque, una bella presentazione per un paese che si sta modernizzando e un esempio da cui prendere spunto, per le nostre città spesso sommerse dalla spazzatura.
Due note prima di parlavi dettagliatamente del viaggio. Prima cosa la temperatura: può fare molto caldo ma anche frescolino per cui, portatevi un abbigliamento ben assortito. Nei primi giorni abbiamo trovato clima torrido mentre, spostandoci ad est, è sopraggiunta la pioggia. Secondo punto l’alimentazione; prima di partire consiglio di assumere fermenti lattici e continuarli durante tutto il viaggio. Bisogna evitare di mangiare cibo proveniente dai banchetti del mercato e non bere mai (neanche lavarsi i denti) l’acqua del rubinetto: utilizzare sempre acqua in bottiglia! Tutto questo, non è dovuto alla sporcizia ma, alla differenze della flora intestinale delle popolazioni nel mondo; noi abbiamo un’alimentazione del tutto diversa per cui, dobbiamo avere qualche precauzione in più per non incorrere in una terribile gastroenterite acuta! In ogni caso i piatti tipici ben cotti, come il plov sono ottimi, quindi bisogna provarli assolutamente!
1° GIORNO: Partenza
Partenza con volo diretto da Milano Malpensa alla volta di Urgench. Viaggiando di notte, è molto comodo e si arriva a destinazione di prima mattina.
2° GIORNO: Khiva
Siamo arrivati all’aeroporto di Urgench intorno alle 6.00 della mattina e dopo le formalità doganali ci siamo subito spostati con il bus verso la città di Khiva che dista solo 30Km. Qui ci siamo riposati circa un’ora e poi, abbiamo iniziato la visita al suo centro storico fortificato che, a pare mio, è tra i meglio conservati di tutto l’Uzbekistan; mi ha colpita molto perché, sebbene i palazzi siano meno “appariscenti” rispetto a Samarcanda e Bukhara, sono più autentici e girovagando tra le stradine, ci si può tuffare nella storia antica e sembra quasi prenderne parte! Inoltre all’interno della città vecchia abbiamo assaporato la cucina tipica e il pane appena sfornato” Che bontà! Io consiglio vivamente un giro serale perché, ci sono molti meno turisti e tutto illuminato è molto suggestivo.
3° GIORNO Bukhara
Trasferimento di prima mattina all’aeroporto e partenza per Bukhara (circa 1.10h di viaggio). Questa scelta è ottima poichè si risparmia molto tempo. Attenzione agli accendini perché non li fanno portare a bordo! Non sono una fumatrice ma ho visto scene degne di un melodramma per riavere l’accendino (Cose da matti!). Dopo esserci sistemati in un hotel molto bello (e pacchiano, in perfetto stile russo!) abbiamo compiuto una passeggiata panoramica nei dintorni, in modo da osservare anche la vita comune degli uzbeki. Siamo giunti nella zona del mercato dove, abbiamo cominciato a fare qualche acquisto. I vari bazaar vendono, per la maggior parte, prodotti ubzeki e spesso artigianali: coltelli, sciarpe, tovaglie, vestiti, spezie: chi più ne ha più ne metta! Viva lo shopping! Anche se spesso l’inglese non è conosciuto, è una popolazione ospitale e disponibile, attraverso i gesti ci si comprende benissimo! Abbiamo anche visto il complesso di Lyabi-Hauz con la bellissima Madrassa di Nadir Divan Begi, famosa per il mosaico della sua facciata. Bisogna dire che gli edifici sono più belli all’esterno (salvo qualche eccezione) perchè, all’interno sono vuoti o si trovano bancarelle con ogni sorta di prodotto in vendita. Comunque, è una particolarità anche questa, retaggio dell’ex Unione Sovietica, in cui i luoghi di culto erano adibiti ad altri usi. Alla sera abbiamo mangiato su una terrazza da cui si poteva ammirare il minareto di Kalyan simbolo della città, assaporando ottimi piatti tipici.
4° GIORNO: Bukhara
Di prima mattina siamo entrati nella moschea di Maghoki-Attar, che è il luogo più sacro della città nonché, la moschea centro-asiatica più antica. Successivamente, ci siamo diretti verso il centro storico, ricco di monumenti poiché questa città, nei secoli IX e X, fu la capitale dell’impero samanide e il principale snodo commerciale della Via della Seta. Abbiamo visitato il complesso di Poi-Kalyan con il suo minareto, intatto da 880 anni, per poi proseguire alla Fortezza di Ark, l’antica città reale ed infine, abbiamo sostato al “Chasma Ayub”, luogo sacro con l’acqua della sorgente di Giobbe, ritenuta curativa. All’interno di questo santuario, c’è una piccola mostra fotografica sul disastro ambientale del Lago D’Aral, lago salato di origine oceanica che, era il quarto specchio d’acqua più grande al mondo. A causa delle politiche economiche dell’Urss che, ha deciso di utilizzare copiosamente le acque dei suoi due affluenti per irrigare i campi di cotone, il bacino si è via via svuotato dividendosi in due pozze fino, quasi a scomparire. Vi lascio un articolo interessante che racconta questo disastro ambientale poco noto. Giornata molto impegnativa ma molto soddisfacente!
5° GIORNO: Viaggio in bus verso Samarcanda e visita a Shakrisabz.
E’ un tragitto abbastanza lungo ma molto affascinante perché, si scopre l’Uzbekistan rurale, lontano dalle grandi città dell’arte; vi avviso che il percorso è abbastanza incidentato, la strada è ben asfaltata solo per brevi tratti, la maggior parte delle volte vi troverete a rimbalzare sul sedile per le numerose buche nell’asfalto. Il percorso attraversa il deserto dove si scorgono veramente pochi villaggi ma, si passa davanti alla più grande centrale di gas naturale dell’Uzbekistan (lì la strada è perfetta! Chissà perche?!). Dopo 4 ore, si arriva a Shakrisabz, città natale di Tamerlano, grande condottiero che, tra il 1370 e il 1405, conquistò larga parte dell’Asia centrale e occidentale, fondando l’Impero timuride. Tra i monumenti più importanti della città, vi è l’Ak Sarai, residenza estiva del grande condottiero di cui sono rimaste solamente le tracce di due torri; inoltre vi è la Moschea blu Kok Gumbaz, edificata da Ulugh Beg, in onore del grande discendente. Si prosegue verso Samarcanda dove si arriva nel tardo pomeriggio; nell’ultima parte del tragitto il paesaggio cambia totalmente poiché, si attraversano colline verdeggianti e campi coltivati…proprio come canta Vecchioni! Alla sera abbiamo partecipato ad uno spettacolo musicale in cui, si rappresentava la storia di questo paese ed è stato un modo per scoprire i costumi e le usanze di questo popolo.
6° GIORNO: Samarcanda
Eccoci arrivati nella città più famosa della Via della Seta: la mitica Samarcanda! Una delle città più antiche al mondo, di cui hanno scritto molti autori celebri come Marco Polo, Edgar Allan Poe e Tiziano Terzani; è stata eletta Patrimonio mondiale Unesco nel 2001. Nonostante il clima non abbia aiutato (cielo spesso uggioso con qualche ora di pioggia), lo spettacolo che offre questa città è unico. L’inizio del nostro itinerario in città è stata Piazza Registan, simbolo di Samarcanda, su cui si affacciano tre edifici, uno più bello dell’altro, con facciate i cui colori, creano un gioco di sfumature meravigliose, già con un cielo grigio, figurarsi illuminate dai raggi del sole! Inoltre, all’interno della Madrassa Tilla-kari vi è un’area interamente rivestita d’oro…impressionante! Abbiamo potuto ammirare la piazza anche la sera e devo dire che ne vale assolutamente la pena, così illuminata, è un vero gioiello! Nel pomeriggio, abbiamo visitato la necropoli dei nobili Shaki Zinda , che domina maestosamente la città ( e infatti all’ingresso bisogna salire una scalinata abbastanza ripida!). Questo è proprio il luogo dove, secondo me, è presente la più grande dimostrazione dell’arte islamica in Uzbekistan. Quando si percorre la via centrale, si rimane abbagliati dal blu e turchese delle maioliche che ricoprono i muri dei sepolcri. Un colpo d’occhio davvero splendido! Il sito è un santuario in cui si trovano i sepolcri della famiglia di Tamerlano e dei suoi amici più stretti; secondo la leggenda, qui è sepolto anche un cugino del profeta Maometto, il che rende il luogo meta di preghiera da parte della popolazione. Infine, abbiamo visitato il mausoleo di Gur Emir che ospita la tomba del grande condottiero Tamerlano. Anche questo complesso è maestoso ma devo ammettere che mi è piaciuto più visitarlo la sera che di giorno…l’illuminazione gli conferisce qualcosa di misterioso!
7° GIORNO Samarcanda e viaggio in treno verso Tashkent.
Abbiamo proseguito visitando la città: ci siamo recati all’immancabile mercato che però mi è piaciuto meno di quello di Khiva e Bukhara perché più turistico;poi ci siamo diretti al mausoleo di San Daniele e infine all’osservatorio di Ulugh Beg. Quest’ultimo è davvero interessante perché, sebbene piccolo, mostra tutte le scoperte scientifiche in ambito astronomico fatte prima del 1449, quando venne distrutto; è visibile anche una parte di un largo arco usato per determinare il mezzogiorno. Nel pomeriggio abbiamo ci siamo recati al centro di manifattura della carta Meros, celebre perchè è prodotta interamente a mano partendo dal gelso. Nel tardo pomeriggio, abbiamo viaggiato su un treno moderno e confortevole in direzione Tashkent, cioè la capitale dell’Uzbekistan.
8° GIORNO Tashkent e ritorno in Italia.
Tashkent è una città antica di cui, rimane veramente poco, a causa di un terremoto che la distrusse nel 1966; inoltre, la ricostruzione è avvenuta in base ad un piano urbanistico che l’ha portata a diventare una tipica di una “città sovietica” caratterizzata da larghi viali, grigi edifici squadrati, e piazze molto estese come Piazza dell’indipendenza. Abbiamo visitato la parte antica con la Madrassa Barkhan, situata nella Piazza Khast Imam. La chicca di questa città, che è un’altra caratteristica tipica delle città dell’ex URSS, è la metropolitana o meglio, le stazioni della metropolitana che sono come dei piccoli musei! Mi hanno riferito che a Mosca sono più belle ma, devo dire che la pulizia, l’ordine e l’architettura mi hanno colpito positivamente.
Davvero un viaggio per gli amanti della storia e dei popoli antichi. Nella memoria restano le forme allungate dei minareti, i colori delle maioliche che ornano gli edifici, i profumi dei giardini così ben curati e quella sensazione di star rivivendo il passato mentre si ripercorre una via che fu così importante nel mondo antico.
LETTURE CONSIGLIATE: – Il MilioneMarco Polo (1298 ca) Racconto di viaggio –Il Grande GiocoPeter Hopkirk (1990) Romanzo storico
Romanzo giallo dove, non è tanto importante la storia, quanto la psicologia del protagonista, il commissario Matthai; ruota intorno alla sua figura, tutto il caso della bambina, trovata morta in un campo, nei pressi di un piccolo paesino svizzero.
L’autore, narra la vicenda tramite un altro personaggio coinvolto nel caso, il sostituto procuratore il quale, racconta l’episodio ad uno scrittore, a cui sta dando un passaggio.
E’ molto difficile recensire questo libro senza fornire indizi, per cui, tratterò dello stile che è scarno ed essenziale ma, la narrazione divisa in brevi capitoli, coinvolge il lettore. L’autore descrive i pochi personaggi in modo dettagliato, soprattutto dal punto di vista psicologico e senza utilizzare minuziose descrizioni. Lo stesso si può dire dei dialoghi: lineari ed efficaci che fanno comprendere molto bene la scena presentata.
Mi è piaciuto molto il discorso iniziale tra il sostituto procuratore e lo scrittore in cui, viene spiegato come la realtà non è quella raccontata nei polizieschi, in cui non esiste il caso o la sorte. Infatti, nei romanzi, è sempre tutto calcolato in modo che il lettore si perda tra tracce e sospetti fittizi ma, la trama è ben tracciata e il disegno, quando viene svelato, è molto lineare; al contrario, un vero detective deve anche tener conto della fatalità e del destino che, agisce cambiando le carte in tavola sia a favore che a sfavore della polizia. L’autore lo vuole far capire e lo evidenzia soprattutto nel finale… Ops! Forse sto dicendo troppo…mi devo fermare qui!
Ho valutato il libro con 3 stelline perché, sebbene la lettura sia scorrevole, a me piacciono i gialli con una trama intricata in cui, i molti indizi portano al colpevole…proprio quei romanzi gialli additati, in questo libro, come storie irreali! Ognuno ha suoi difetti… questo però, è assolutamente un giudizio personale.
Per chi fosse interessato, da questa storia hanno tratto anche un film interpretato da Jack Nicholson e diretto da Sean Penn; non l’ho ancora visto, ma so che l’ambientazione e qualche frammento della storia, sono stati modificati.