Stoner

John Williams (1965) Romanzo

Voto: 4 out of 5 stars (4 / 5)


“I colleghi di Stoner, che da vivo non l’avevano mai stimato gran che, oggi ne parlano raramente; per i più vecchi il suo nome è il monito della fine che li attende tutti,
per i più giovani è soltanto un suono, che non evoca alcun passato o identità particolare
cui associare loro stessi o le loro carriere”

Questa frase compare nel primo capitolo del libro. Riassunto chiaro e coinciso relativo, ad un ordinario docente universitario, dal carattere mite e pacato che, vivendo e lavorando nella stessa città per anni, non ha particolari meriti o demeriti a suo carico.

E allora? Cosa c’è da raccontare?
Prendo in prestito le parole di Peter Cameron che, nella postfazione del testo, afferma: “la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può sfruttare una straordinaria messe letteraria. E’ il caso che abbiamo davanti.”

Non sono totalmente d’accordo, come sostengono molti, che la trama sia piatta e monotona e che sia solo la qualità della scrittura a coinvolgere il lettore. E’ vero, che non ci sono grandiosi colpi di scena o episodi di azione poliziesca ma, non definirei la vita di Stoner così piatta…almeno due personaggi ostacolando continuamente la vita del protagonista, vivacizzano la narrazione.

Senza dubbio, lo stile di John Williams è magistrale perché riesce a descrivere, senza essere troppo minuzioso, le emozioni e gli stati d’animo del protagonista e dei personaggi con cui si relaziona. Attraverso qualche dettaglio il lettore comprende chi è il soggetto di cui si sta parlando, quali sono le sue debolezze e le sue fragilità. Per esempio, già dai primi capitoli, si comprende l’instabilità psichica della moglie di Stoner, prima attraverso alcuni dettagli relativi alla sua rigidità fisica e poi successivamente diventa esplicito tramite il suo comportamento nei confronti del marito e della figlia. Tuttavia l’autore non cita mai apertamente la malattia mentale di Edith.
John Stoner utilizza una delicatezza e un tatto straordinari per raccontare alcuni momenti fondamentali del libro, ad esempio l’ultimo capitolo è commovente e coinvolgente…sembra di vivere quella scena così straziante insieme al protagonista.

Insomma, William Stoner diventa per il lettore una persona cara, di cui essere complici durante i pochi momenti felici e per cui essere benevoli, nelle numerose vicende conflittuali che punteggiano la sua vita. Si prova una certa tenerezza per lui e ci si arrabbia, per la sfortuna che lo insegue.

La prima edizione è passata in sordina ed è datata 1965; solo ora, questo romanzo è stato riscoperto! Con l’occasione cambierei l’immagine della copertina visto che è troppo anonima! E’ vero che Stoner è un personaggio mite e pacato però, la grafica scelta è davvero triste.

Asimmetria

Lisa Halliday (2018)            Romanzo

Voto: 1 out of 5 stars (1 / 5)

Era da un po’ che volevo acquistare questo libro, visto le brillanti recensioni pubblicate. Devo ammettere che, la descrizione della quarta di copertina non mi aveva particolarmente colpita ma, sono stata spinta dai titoli entusiasti.

Pessima scelta.

Il romanzo è diviso in tre parti che, in realtà sono racconti diversi e sganciati l’uno dall’altro. Il primo capitolo narra dell’incontro tra una redattrice ventenne e uno scrittore sessantenne, premio Pulitzer per la letteratura; l’autrice descrive la vita quotidiana dei due, cercando di mettere in luce gli aspetti migliori di questa strana relazione, ma ne deriva solo una descrizione superficiale e alquanto noiosa! Il secondo capitolo invece, ha come protagonista un giovane economista americano di origine irachena, bloccato all’aeroporto londinese perché risulta un soggetto sospetto. Mentre attende che le autorità lo lascino entrare nel Regno Unito, ripercorre la sua infanzia e l’adolescenza, analizzando i rapporti familiari soprattutto, con il fratello maggiore. La trama è più coinvolgente della prima, anche se, l’autrice non approfondisce molti punti lasciando la storia incompiuta. La terza e ultima parte, è semplicemente un’intervista radiofonica allo scrittore co-protagonista del primo racconto.

Le storie risultano banali e monotone; le scene e i personaggi si ripetono, senza nessuna variazione o colpo di scena che possa animare la narrazione. Il filo conduttore tra le tre parti dovrebbe essere “L’Asimmetria” che, caratterizza le relazioni e la società odierna; per il primo racconto, corrisponde alla contrapposizione tra gioventù e vecchiaia mentre, per la seconda parte, è relativo alla mentalità occidentale rispetto a quella orientale. Per quanto riguarda la terza parte, non sono stata in grado di capirlo; probabilmente non ho le competenze letterarie per comprendere il vero significato concepito dall’autrice.

C’è però una cosa che mi è piaciuta molto nella struttura del romanzo e cioè, la scelta di cambiare il punto di vista della narrazione per ogni capitolo; mentre, la prima storia è raccontata in terza persona, nel secondo racconto, Lisa Halliday ha preferito presentare i fatti attraverso le parole dello stesso protagonista, in modo da coinvolgere maggiormente il lettore. Con questa modalità, viene sottolineata la difficoltà da parte del ragazzo, di trovarsi a mediare tra la mentalità occidentale, in cui è cresciuto e quella orientale, appartenente sue origini: l’asimmetria tra i due mondi.

Non so perché sia stato accolto così positivamente dalla critica internazionale…non sarà mica, perché il primo capitolo del libro si ispira alla relazione che Lisa Halliday, appena ventenne, ha avuto con il grande scrittore Philip Roth?!

Sarei curiosa di avere qualche feedback da voi lettori! Nel caso ve la sentiate…buona lettura!

La felicità del cactus

Sarah Haywood (2019)   Romanzo

Voto: 4 out of 5 stars (4 / 5)

Commedia molto divertente! Mentre leggevo, immaginavo una possibile versione cinematografica; Susan Green è una Bridget Jones al contrario…donna pragmatica e rigida che programma ogni cosa per ottenerne il miglior risultato e beneficio possibile! Però le cose cambiano, quando la vita decide di porre qualche ostacolo sulla via della protagonista che cambierà le sue abitudini senza nemmeno rendersene conto.

Diffido sempre dei titoloni quali “Miglior libro dell’anno” o “Ai primi posti in classifica da mesi” ma, in questo caso, attratta dalla storia e devo ammettere, soprattutto dalla copertina, l’ho scelto come regalo di compleanno (solo le mie migliori amiche potevano portarmi in una libreria e dirmi di scegliere quale libro mi ispirasse si più!).

Mi è piaciuto molto sia, per la trama sia, per la scrittura fresca e diretta, senza eccessive descrizioni ma assolutamente efficace nel caratterizzare i personaggi. L’autrice avrebbe potuto scrivere la solita commedia “all’inglese” ma grazie a personaggi originali e situazioni atipiche, la storia è davvero coinvolgente! Ovvio che, non stiamo parlando di un libro impegnato ma, secondo me, non è neanche da declassare come “libro da spiaggia”.

Questo libro insegna quanto ognuno di noi abbia alcune fragilità che non vanno nascoste sotto il tappeto bensì, bisogna affrontarle poco a poco. La protagonista è imprigionata nelle proprie convinzioni e non confrontandosi con i suoi colleghi, sospetta sempre qualche complotto nei suoi confronti. Da questo ne deriva l’importanza di dar fiducia al prossimo senza vederne sempre e solo il lato peggiore.

Quindi, consiglio questa lettura a tutti coloro che vogliono “svagarsi” dalle arrabbiature quotidiane, leggendo qualche pagina prima di andare a letto. Inoltre, faccio un plauso speciale alla copertina dai colori sgargianti e molto allegra!!!

Le nostre anime di notte

Kent Haruf (2017)    Romanzo

Voto: 5 out of 5 stars (5 / 5)

Nella cittadina di Holt, Colorado, Addie Moore bussa un giorno alla porta di Louis Waters, suo vicino di casa e gli propone qualcosa di insolito: trascorrere insieme le notti: “Sto parlando di attraversare la notte insieme. E di starsene al caldo nel letto, come buoni amici.  Le notti sono la cosa peggiore non trovi?”. In questo modo i protagonisti, entrambi vedovi, trovano un modo per “attraversare la notte” senza essere sopraffatti dalla solitudine e dalla malinconia.

L’autore, oltre alla solitudine, affronta altre tematiche attuali tra cui, quelle della diffidenza e del pregiudizio; infatti, la comunità di Holt, piccola e dalla mentalità chiusa, non accetta questo tipo di relazione: Addie e Louis sono criticati e scherniti poiché hanno comportamenti non consoni per la loro età . I due anziani affrontano il problema con tranquillità, ignorando i pettegolezzi e trasformando la “grande novità” in “chiacchiericcio insignificante”.

La struttura del romanzo è caratterizzata dai dialoghi che avvengono tra i due protagonisti. Le domande e le frasi brevi rendono fluida la narrazione, senza trascurare la dolcezza e la delicatezza che contraddistinguono la storia. Da ogni dialogo e da ogni momento descritto, emergono tenerezza e garbo sia, attraverso le parole che, attraverso i gesti. Il tenersi per mano durante la notte è un atto simbolico che rappresenta il lento ma, progressivo nascere di un legame speciale; la stessa gestualità viene ripresa per rappresentare l’affetto e la protezione tra Addie e suo nipote, personaggio secondario ma fondamentale nel corso della storia. 

Mi è piaciuta molto la scrittura di Kent Haruf: semplice ed essenziale ma, capace di fare immergere il lettore nel racconto. La trama è semplice ma, l’autore affronta problematiche comuni che fanno riflettere; si percepisce la necessità di confrontarsi con se stessi e al termine della lettura, se ne esce arricchiti. Un tocco di classe, come già anticipato prima, è la sensibilità con la quale Kent Haruf descrive i sentimenti e le emozioni dei personaggi ai quali si rimane veramente affezionati.

Da questo libro hanno tratto anche un film con Robert Redford e Jane Fonda che è abbastanza in linea con il romanzo; per fortuna hanno dato risalto ai dialoghi cercando di far emergere le emozioni dei due protagonisti.

Controvento. Storie e viaggi che cambiano la vita

Scintille. Storie e incontri che decidono i nostri destini

Federico Pace (2017)(2019) Romanzo

Voto: 5 out of 5 stars (5 / 5)
Voto: 4 out of 5 stars (4 / 5)

Questa volta la recensione è doppia!!!

Ho letto due libri di Federico Pace: “Controvento” e “Scintille”. Lo stile dell’autore mi è piaciuto molto: capitoli brevi ma esaustivi nell’esporre il tema prescelto e i personaggi, in poche pagine, riescono a raccontarsi tramite i loro gesti e le loro percezioni.

In “Controvento” il tema centrale è il viaggio. La parola “Viaggio” è intesa sia, in senso letterale sia, come trasformazione; esso diventa un pretesto per svelare la parte più intima del personaggio che lo intraprende poiché, vengono descritte le sue impressioni e le sue emozioni: il tragitto diventa più importante della meta.
Federico Pace narra di incontri brevi ma, rilevanti per la crescita artistica e personale di ogni singolo protagonista. Infatti, terminato il libro, al lettore sembrerà di aver conosciuto e condiviso con Frida Kahlo, Keith Jarrett o Vincent Van Gogh i momenti più introspettivi della loro esperienza. Insomma, dalla lettura traspaiono le diverse sfumature di un viaggio, che rappresenta un momento di svolta e di cambiamento.

Mantenendo lo stesso schema narrativo, “Scintille”, tratta dei rapporti personali come amicizia, amore, condivisione o distacco; in ogni capitolo, il protagonista narra di un incontro che ha condizionato talmente tanto la sua vita da condizionare le decisioni future. Ci imbattiamo in personaggi storici celebri Albert Camus che racconta del suo complesso rapporto con la madre, Juan Martin Guevara e il fratello Ernesto fino ad arrivare al carceriere di Nelson Mandela. Anche in questo caso, Federico Pace incentra la narrazione sulla parte più intima e personale del personaggio perché ciò che vuole evidenziare è l’importanza della relazione che si instaura tra due persone e le sue conseguenze sia in termini positivi che negativi.

Nonostante mi siano piaciuti entrambi, “Controvento” mi ha coinvolto maggiormente, dato che, diverse volte, per me, il viaggio ha rappresentato non solo, un motivo di svago ma anche, un’occasione di trasformazione e crescita personale.

“I viaggi aprono varchi su ciò che stiamo diventando. Certificano la nostra condizione. Ci scuotono dall’inconsapevolezza e di quell’andare altrove, nel confrontarci con l’altro, ci obbligano a prendere consapevolezza di ciò che altrimenti cerchiamo di nascondere a noi stessi. Il velo che cela le cose, in viaggio viene strappato senza esitazione”.

Aggiungo che entrambi i libri hanno una copertina colorata e molto simpatica!

Quel che si vede da qui

Mariana Leky (2017) Romanzo

Voto: 3 out of 5 stars (3 / 5)

E’ un bel racconto, lineare nella struttura narrativa, genuino ma non ordinario anzi, alcuni personaggi risultano alquanto surreali sia, per il loro comportamento che per le loro espressioni. Il lettore si immerge poco a poco nella quotidianità del villaggio immerso nel verde del Westerwald, dove tutto sembra scorrere sempre allo stesso modo, per anni; questa routine spaventa alcuni personaggi mentre, altri si sentono rassicurati da questa condizione. Durante la narrazione, viene spesso citato il concetto di “lontananza” sia in termini positivi, come libertà dalle costrizioni sia, in termini negativi come mancanza.

La protagonista si chiama Louise ed è intorno a lei che girano tutti i personaggi della storia cioè, gli abitanti del paese (Ops! Stavo dimenticando che c’è anche un Okapi!); ne risulta un grande ritratto di famiglia, ognuno con i suoi pregi e difetti, ognuno con una caratteristica fondamentale , ben descritta dall’autrice durante, i molteplici episodi che si susseguono nei vent’anni in cui si svolge la storia.

Inoltre, ci vengono rappresentate numerose sfaccettature dell’amore e dell’amicizia: l’amore non confessato, l’amore lontano, l’amore finto, ma anche, il rapporto indissolubile di amicizia e il difficile rapporto genitoriale. Tanti legami e tanti addii che commuovono il lettore e descrivono bene la difficoltà del distacco.

Insomma, un romanzo all’apparenza molto semplice per quanto riguarda sia lo stile che la trama: esso, anche se non si caratterizza per particolari intrecci o misteri, arriva all’anima del lettore che si emoziona ma mano che procede con la lettura.

Devo ammettere che le prime pagine scorrono a rilento e la storia fa fatica ad ingranare: la prima parte è troppo prolissa. Successivamente, quando ogni personaggio è delineato e si capiscono determinate dinamiche, il lettore viene incuriosito dagli eventi ma, a parer mio, non coinvolto completamente. In ogni caso, è una storia carina, che fa riflettere su quanto i rapporti interpersonali possano essere variegati e quanto gli eventi della vita, sebbene improvvisi e tristi, possano essere il punto di partenza per nuove opportunità.

Tutti i nomi

Josè Saramago (1997)    Romanzo

Voto: 3 out of 5 stars (3 / 5)

Ho comprato questo libro per caso; mi trovavo in vacanza a Lanzarote e ho visitato la casa di Josè Saramago (vedi “Viaggio a Lanzarote”). Se capitate a Tias, andate a vedere questa casa-museo, dove l’autore ha passato gli ultimi anni della sua vita; oltre ad essere interessante conoscere la vita pubblica e privata di un premio Nobel, è affascinante capire cosa sta dietro al suo pensiero e cosa lo ha ispirato a scrivere molti racconti. Inoltre il personale è molto gentile e disponibile, a rispondere ad ogni curiosità. Fatta questa digressione, passiamo alla recensione del libro.

E’ difficile valutare questo romanzo perché, sia la trama che lo stile linguistico, sono particolari e originali per cui la lettura non è semplice. Il protagonista è il Signor Josè, scritturale ausiliario presso la Conservatoria Generale, che, dopo aver casualmente visionato un documento anagrafico di una donna sconosciuta, ne va alla ricerca tormentata. Le vicende rasentano l’assurdo ma, grazie a queste avventure, il protagonista si evolve fino a scoprire nuovi lati di se stesso: è un percorso sia fisico che mentale. Le scene si svolgono in luoghi comuni come una scuola, un cimitero e appunto la Conservatoria Generale ma, questi luoghi sono descritti in modo tale da conferirgli un velo di irrealtà, poiché sembrano sospesi nel tempo e nello spazio; infatti, in molte parti della narrazione il Signor José è da solo e questo, attribuisce all’ambientazione un aspetto ancora più misterioso. Un altro aspetto che mi ha colpita, è stato che, solo al protagonista viene dato un nome proprio poiché, la città in cui vive e tutti i personaggi che si incontrano lungo la vicenda, sono delle entità non specificate, “la donna del pianterreno a destra” oppure “il capo della Conservatoria Generale”. Anche la donna, oggetto dell’indagine non viene mai nominata e questo, denota la grande abilità di scrittura e il vasto lessico dell’autore il quale, attraverso le domande del Signor José, riesce a far capire di chi si sta parlando, senza nominare mai il personaggio in questione. Saramago ha creato un mondo “senza nomi” per un libro intitolato “tutti i nomi” e questo è il primo punto di riflessione che si presenta al lettore. Nonostante io non abbia una preparazione tale, da comprendere le numerose sfaccettature ed interpretazioni che si possono estrapolare da questo testo, ho apprezzato molto che l’autore abbia comunicato con i lettori tramite “dialoghi interiori ” del Signor José. Da queste conversazioni, deriva che non è il nome a rendere la persona importante ma, sono i gesti che si compiono nella sua vita che, assegnano una reale identità al soggetto.

Da evidenziare, è il linguaggio utilizzato da Saramago. All’inizio, ho trovato talmente difficoltoso capire il testo che, volevo quasi interrompere la lettura; la sintassi, caratterizzata da frasi molto lunghe, l’utilizzo della punteggiatura, ma soprattutto, l’assenza delle virgolette nei dialoghi mi hanno messo in difficoltà, distogliendomi dalla comprensione del racconto; ho superato il problema, leggendo ad alta voce e ho potuto farlo, anche perché, sia la trama che lo stile, non permettono una lettura in un luogo affollato o rumoroso. Utilizzare questo metodo, mi ha permesso non solo, di capire meglio ciò che stavo leggendo, ma anche, di apprezzarne lo stile: le pause e la punteggiatura donano fluidità alla lettura e sembra quasi di recitare un testo teatrale.

Lo consiglio a coloro che sono curiosi di sperimentare qualcosa di nuovo ed innovativo sia dal punto stilistico che narrativo.

I leoni di Sicilia.La saga dei Florio

Stefania Auci (2019)    Romanzo

Voto: 5 out of 5 stars (5 / 5)

“Perché quel malessere era tornato? Come poteva spiegargli che dentro aveva un grumo di buio che lo spingeva ad andare avanti, ancora, sempre, ad accumulare, ingrandirsi, trovare nuove imprese? Lui, ricco di nascita, non avrebbe mai potuto capire.”

Romanzo storico che ripercorre la storia della famiglia Florio e insieme ad essa, le vicende italiane durante il XIX secolo. L’autrice, grazie ad una ricerca storiografica minuziosa e alla fantasia che riempie gli inevitabili “buchi” non documentati, crea, una trama avvincente, narrando l’ascesa di questa dinastia e contestualizzandola nella realtà dell’epoca.

Il romanzo, ha inizio con la partenza dei fratelli Paolo e Ignazio, accompagnati dalla moglie e dal figlio del primo, da Bagnara, in Calabria, alla volta di Palermo dove, dopo tanta fatica e sacrificio acquisiranno potere e prestigio. Stefania Auci però, ci fa conoscere i personaggi nella loro interezza poiché, descrive sia le azioni ma anche, i loro pensieri. In questo modo, si comprende la caparbietà di Paolo, la determinazione mista a dolcezza, del fratello Ignazio e l’ambizione di Vincenzo: tre uomini con personalità totalmente differenti ma con uno stesso obiettivo: emergere, per riscattarsi. Le figure femminili che, hanno un ruolo di primo piano nel romanzo, mostrano gli usi e costumi della società e il periodo di forte cambiamento che stanno vivendo. Giuseppina e Giulia rappresentano lo scontro tra la tradizione e la trasformazione ma, entrambe, sebbene molto determinate nel raggiungere i loro obiettivi, alla fine, accetteranno a malincuore il loro ruolo marginale all’interno della famiglia Florio.

La trama è avvincente, perché è costellata di eventi differenti riguardanti sia la vita privata che lavorativa dei personaggi; l’autrice cerca di descrivere proprio la quotidianità: dagli amori, alla disparità sociale, dalla fatica di avviare un’attività alla condizione femminile. Tutto ciò deve convivere con il periodo instabile dovuto a rivoluzioni e tumulti. Insomma, il testo non annoia il lettore e la narrazione procede in modo leggero ma mai superficiale e senza scadere nel romanzo d’appendice.

I paragrafi corti e la scrittura diretta, nonostante la presenza del dialetto, permettono una lettura fluida. Una caratteristica che ho apprezzato molto, è stata quella che, ad ogni paragrafo, la scena è descritta dal punto di vista del personaggio principale. In questo modo non solo, il lettore immagina la situazione raccontata in modo dettagliato, ma comprende anche le emozioni e i pensieri vissuti dal soggetto.

La saga della famiglia Florio mi ha coinvolto e ho notato che il libro in poco tempo ha scalato le classifiche…che dire di più? Aspetto con ansia il secondo volume!

Storia di una ladra di libri

Markus Zusak (2014) Romanzo

Voto: 4 out of 5 stars (4 / 5)

Libro drammatico, ambientato in Germania durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale e negli anni immediatamente precedenti. La protagonista, Liesel Meminger, è una bambina (e poi ragazza)che, si trova a nove anni, a vivere una nuova esistenza quando, viene adottata da una famiglia di Molching, dopo la morte del fratello e l’abbandono da parte della madre, cosciente del proprio destino.

Il romanzo narra la vita quotidiana degli abitanti di questa cittadina tedesca ma, soprattutto di coloro che risiedono a Himmelstrasse, poveri come Liesel, che cercano di sopravvivere come possono nonostante, la penuria di cibo e le difficoltà della guerra. Si alternano vicende felici ed episodi tristi ma, spesso, l’autore include eventi storici reali che condizionano la narrazione e influenzano le azioni dei personaggi: il falò per il compleanno del Fuhrer, la deportazione degli ebrei, la chiamata alle armi e i bombardamenti degli Alleati.

La vera figura centrale della storia è la lettura e soprattutto il potere della parola. Leggere, per Liesel diventa la porta per conoscere e capire il mondo ma non solo, anche di evasione in momenti tragici come quando si ritrova sotto i bombardamenti; la lettura le permette inoltre, di relazionarsi con diversi personaggi chiave come la moglie del sindaco, la vicina di casa o il ragazzo ebreo e creare con loro un rapporto forte e intimo. Il libro diventa il simbolo di libertà contro la dittatura, e di salvezza per la protagonista.

La particolarità del romanzo che, a parer mio è il vero colpo di genio dell’autore, è la scelta della voce narrante; infatti, chi racconta in terza persona le vicende di questa bambina, dei suoi amici e familiari, è niente meno che la Morte. Ebbene si! Con una scrittura semplice, fluida, a tratti con macabro umorismo, l’autore conferisce, a questa inaspettata figura, questo incarico, oltre a quello di essere essa stessa un personaggio, purtroppo, molto presente della storia. Alcune volte, si anticipano gli eventi, per cui si svela il seguito della vita di alcuni personaggi; questo non mi è piaciuto per nulla poiché, il lettore, conoscendo già la fine degli eventi, è disincentivato a cogliere determinati dettagli descritti e a velocizzare la lettura del testo.

La struttura è divisa in capitoli brevi e non sempre cronologicamente e geograficamente ordinati; questo però non influisce sulla narrazione e non disorienta il lettore. In alcuni tratti, sono presenti frasi in grassetto che riassumono un concetto; questo metodo non convenzionale è efficace, per comprendere subito ciò che ci vuole comunicare l’autore.

Consiglio vivamente questo romanzo, poiché racconta in modo diverso e originale, le brutalità di quel periodo storico, le sofferenze e le emozioni di chi si trovava “dall’altra parte” ossia, in Germania. Ci fa riflettere su come la guerra da entrambi gli schieramenti, porta sempre e solo: paura, dolore e morte senza distinzione dovuta alla ricchezza, alla religione o all’orientamento politico.

Un gentiluomo a Mosca

Amor Towels (2016) Romanzo

Voto: 5 out of 5 stars (5 / 5)

“Chi avrebbe mai immaginato, quando ti condannarono alla detenzione a vita nel Metropol, così tanti anni fa, che eri appena diventato l’uomo più fortunato di tutta la Russia”

Il gentiluomo, protagonista del romanzo, è il Conte Rostov, condannato, nel 1922, come spia dal partito comunista e messo agli arresti domiciliari presso il famoso Hotel Metropol di Mosca per trentacinque anni. Egli cerca di sottrarre la sua quotidianità alla noia e al ricordo della sua giovinezza mondana attraverso diverse occupazioni ma, si renderà conto, solo successivamente, che, quella sentenza, lo ha salvato e protetto dalle brutalità del regime sovietico. L’autore è riuscito ad inserire qualche episodio del periodo storico nel quale è ambientato il racconto, narrando le vicissitudini di persone amiche o con cui viene a contatto il protagonista.

Hotel Metropol a Mosca

Il romanzo è poliedrico, come i personaggi che si succedono; sono presenti eventi più divertenti, altri più profondi, fino a diversi colpi di scena finali molto coinvolgenti. Durante la lettura, appaiono figure che entrano nella storia in punta di piedi ma che, nel corso di questa, acquisiscono un ruolo cardine per la costruzione dell’avvincente trama. Il lettore, nella prima parte del racconto, viene a conoscenza di ogni stanza, corridoio, anfratto del Metropol e alla fine, si ha la sensazione di aver realmente visitato questo luogo. In occasione di una circostanza cardine, il ritmo della narrazione cambia, il succedersi delle scene diventa più rapido e il lettore è spinto lungo il vortice dei molti avvenimenti che si verificano, fino ad arrivare all’accattivante finale.

Le vicende sono descritte in terza persona e la voce narrante, ogni tanto, si ritaglia qualche spazio per commentare o per comunicare al lettore qualche informazione. Questo espediente mi è piaciuto molto anche perché, si crea un rapporto più stretto tra l’autore e chi sta leggendo la storia. Insomma, ci si affeziona al Conte Rostov e alla sua famiglia acquisita e osservando le loro peripezie si tifa per loro e che tutto si risolva al meglio!

Mi è piaciuto talmente tanto che lo considero una delle migliori letture del 2019!!!!