A volte ritorno

John Niven (2011) Romanzo

Voto: 3 out of 5 stars (3 / 5)

E’ un libro irriverente e provocatorio ma il tema, è affrontato in maniera da non essere offensivo o ingiurioso nei confronti della religione anzi, è proprio il contrario; infatti, l’autore vuole mettere in luce, alcuni tra i più gravi problemi morali che affliggono l’umanità ed evidenziare il fatto che, solo Dio potrebbe affrontare la situazione per porvi rimedio. La prima parte è ambientata in Paradiso (e per una piccola parte anche all’Inferno) dove, il Signore fa ritorno dopo una una “breve” vacanza (una settimana che corrisponde a cinque secoli del nostro tempo)e viene aggiornato dai suoi collaboratori (santi e beati) su ciò che sta succedendo sulla Terra. L’autore riesce a descrivere molto bene le varie reazioni di Dio mentre ascolta tutte le catastrofi che affliggono il pianeta: prima è incredulo, poi furibondo e infine, cerca una soluzione per migliorare la situazione. La trova, rimandando suo figlio, Gesù Cristo, tra gli uomini per ricordare loro di “fare i bravi”. La seconda parte, verte proprio sulle vicissitudini di Gesù ch, si trova a dover fronteggiare le difficoltà terrene del giorno d’oggi, (povertà, disoccupazione, solitudine etc..) in modo del tutto innovativo, come ad esempio la partecipazione ad un reality show!

Niven è riuscito a costruire una trama che sebbene assurda, potrebbe essere verosimile se, paradossalmente, si immaginasse un ritorno del Messia. Anche se il tema scelto è alquanto serio e complesso, l’autore cerca di stemperare il tutto con scene più “leggere” e talvolta esilaranti.

L’idea è innovativa e la trama è ben sviluppata però, c’è una componente del libro che non mi è proprio piaciuta, anzi secondo me rovina decisamente il testo: sto parlando del lessico. Troppe parolacce, troppe esclamazioni volgari e “sconcezze”; non voglio essere bigotta o moralista, se fosse così non avrei neanche letto il libro ma, a tratti ho pensato di interrompere la lettura perché mi disturbava continuare a sfogliare pagine con un serie smisurata di volgarità che, frenavano la fluidità del dialogo. Per questo motivo, ho dato tre punti come valutazione e mi dispiace molto, poiché per la costruzione del racconto e l’idea, si sarebbe meritato quattro punti.

La Briscola a cinque

Marco Malvaldi (2007)               Giallo           

Voto: 3.5 out of 5 stars (3,5 / 5)

Primo libro della una fortunata serie del “BarLume” ; come per gli altri capitoli, ha come protagonisti un barista (anzi…barrista!), Massimo Viviani e un gruppo di pensionati che si ritrovano nel suo locale per giocare a carte e spettegolare degli abitanti di Pineta, piccolo paese immaginario sul litorale toscano.

Tralasciando per un attimo il principale filone narrativo, l’ambientazione è davvero coinvolgente! Questo baruccio mi è sembrato familiare fin dalle prime righe; qualcuno potrebbe essersi fermato per fare colazione oppure, essersi seduto per bere un caffè insieme ai suoi più assidui frequentatori: Ampelio, Aldo, il Rimediotti e il Del Tacca. Quindi, nonostante il tema poliziesco, che ovviamente è il nucleo della storia, Malvaldi è riuscito a caratterizzare talmente bene i personaggi che, il pubblico gli è affezionato sia per la loro irriverenza sia per la spontaneità.

Arrivando al nocciolo del racconto, possiamo dire che la trama è ben costruita, sembra avere una base molto semplice e lineare poiché le figure coinvolte nel delitto sono limitate invece, riserva colpi di scena degni di un giallo ben concepito.

Il linguaggio è dialettale in alcuni punti, soprattutto nei dialoghi che interessano gli arzilli vecchietti ma ciò non rende difficoltosa la lettura anzi, rende più fluida la struttura del testo e ci strappa qualche sorriso durante la lettura.

In conclusione, è una lettura piacevole e non impegnativa per cui lo consiglio da portare in vacanza  oppure come lettura sui vari mezzi di trasporto mentre si torna dall’ufficio, tanto è un volume poco ingombrante!

I Romanzi del Barlume sono: “Il gioco delle tre carte” (2008), “Il re dei giochi” (2010), “La carta più alta”(2012), “Il telefono senza fili”(2014), “La battaglia navale”(2016), “A bocce ferme”(2018). Inoltre, è stato pubblicato “Sei casi al Barlume” (2016) costituito da racconti brevi inclusi in diverse antologie poliziesche.

Vi segnalo anche serie televisiva intitolata “ I delitti del Barlume” che è liberamente ispirata ai racconti di Marco Malvaldi.

Trilogia della pianura: “Il canto della pianura”, “Crepuscolo” e “Benedizione”

Kent Haruf (1999-2004) Trilogia

Voto: 4 out of 5 stars (4 / 5)

Non un solo libro, ma tre: “Il canto della pianura”, “Crepuscolo” e “Benedizione”; molte storie che si intrecciano ma, un’unica ambientazione, Holt, cittadina immaginaria del Colorado, non lontano da Denver ma immersa nell’aperta compagna nel Sud degli Stati Uniti. Il lettore si immerge pienamente nell’atmosfera del romanzo e ritrova ogni volta che apre un nuovo capitolo, vecchi e nuovi personaggi che amano, sbagliando, soffrono e a volte muoiono; Haruf descrive la vita quotidiana dei vari protagonisti, mettendo in risalto le loro difficoltà, i loro errori ma per qualcuno, anche la sua capacità di riscatto. Il linguaggio utilizzato è scarno e diretto, i dialoghi sono essenziali che rispecchiano la natura selvaggia di queste terre e dei suoi abitanti; in poche righe traspaiono le emozioni e le sofferenze: ecco la forza di questi racconti, ecco perché durante la lettura ci si sente parte integrante del romanzo.

I tre libri condividono lo stile e lo schema narrativo ma, in ognuno, c’è una particolarità che lo contraddistingue: in “Canto della pianura” si evidenzia la volontà di riscatto dei personaggi che cercano di crearsi un “nuovo inizio” mentre, in “Crepuscolo”, vengono enfatizzate la solitudine, le relazioni difficili e la sofferenza. Benedizione lo devo ancora terminare ma comunque si sta rivelando un’altra bella scoperta.

Mi sono piaciute molto le copertine che, con il loro colore, ricordano quelle terre lontane e rustiche che riflettono anche il carattere dei personaggi che le abitano. Recentemente è stato pubblicato volume che racchiude tutta la trilogia denominandola “Trilogia di Holt”.

Guida galattica per gli autostoppisti

Douglas Adams    (1979)   Romanzo di fantascienza          

Voto: 3 out of 5 stars (3 / 5)

Premetto che non amo i romanzi di fantascienza ma, questo è assolutamente un romanzo originale e atipico, anche per il genere fantascientifico. Ogni tanto, ammetto di aver pensato cosa si fosse fumato per ideare certe scene o creare alcuni dialoghi ma comunque, è proprio questo che rende il libro interessante;  “Grazie per tutto il pesce!” o “La risposta è 42!” sono frasi del comune linguaggio (nerd).

Quindi, sebbene non sia il mio genere, ho dato una votazione media perché la trama, è ben congeniata nonostante, all’inizio sia confusionaria e poco comprensibile e anche i personaggi, sono ben caratterizzati. L’autore conclude il primo capitolo del ciclo, terminando l’avventura principale e questo l’ho apprezzato molto, perché non costringe il lettore a continuare la lettura e gli lascia la possibilità di scegliere.

Per la prima volta non ho letto la storia ma, l’ho ascoltata come audiolibro grazie, al programma “ad alta voce” di radio rai di cui, parlerò in un capitolo a parte. E’ un libro che si presta molto per l’ascolto: è avventuroso, ricco di colpi di scena e dialoghi caratterizzati da parole difficili perché fantasiose; l’interpretazione di un attore è importante per la comprensione e lo rende molto più coinvolgente.

La solitudine dei numeri primi

Paolo Giordano (2008)            Romanzo

Voto: 1 out of 5 stars (1 / 5)

Mi spiace ma, contrariamente a molti lettori e critici, a me questo libro non è piaciuto affatto; forse sono io a non aver capito il reale significato che ci sta dietro.

La storia tratta di due bambini, Alice e Mattia che diventano adolescenti e poi adulti portandosi un senso di colpa originatosi durante l’infanzia. Questo peso li rende fragili, spaventati ad intraprendere qualsiasi tipo di relazione con altre persone; ecco perché Mattia si definisce un “numero primo” e questa similitudine l’ho trovata veramente calzante! E’ un romanzo con una trama abbastanza semplice ma affronta diversi temi importanti per la nostra società, quali l’anoressia, il bullismo e l’omosessualità che però, sono trattati in modo rapido e superficiale, senza dare spazio a come questi influiscano sulle emozioni dei personaggi. Non mi è piaciuta l’idea che i due ragazzi continuino a vivere la loro esistenza in balia delle loro complicate problematiche, invece di affrontarle e risolverle; questo “accettare passivamente” tutte le conseguenze, causate dalla paura di confrontarsi con se stessi, oltre a non essere un buon esempio, fa sì che il finale sia vuoto ed irrisorio. La narrazione è scorrevole e fluida ma, i personaggi sono scarsamente tratteggiati e le vicende sono abbozzate giusto perché, il lettore “abbia un’idea” dei fatti accaduti. Alice e Mattia sono figure molto complesse e avrebbero meritato una descrizione più dettagliata, riguardo alle loro emozioni e soprattutto, alle motivazioni che li hanno portati a determinate scelte. Invece il tempo scorre troppo in fretta: più si va avanti con il racconto, e più le fasi della vita dei protagonisti sono solo accennate; tra un capitolo e l’altro ci si ritrova catapultati in situazioni inaspettate, conseguenti a decisioni non esposte al lettore: sembra manchino dei pezzi fondamentali per comprendere gli eventi.

In conclusione mi aspettavo molto di più, un libro che si potesse definire un classico moderno o meglio, un testo da cui trarre spunti di riflessione ma, così non è stato.

La città d’oro

Sabrina Janesch (2017)    Romanzo d’avventura

Voto: 3 out of 5 stars (3 / 5)

E’ un romanzo d’avventura fatto e finito, in cui non mancano gli elementi tipici: la giungla, le tormente, gli animali esotici e ovviamente, la ricerca di un tesoro! Infatti, il romanzo si ispira alla vita di Rudolph Augusto Berns, avventuriero ed imprenditore, che era alla ricerca di El Dorado ma scoprì Machu Picchu!

L’autrice, come spiega nelle ultime pagine del libro, ha deciso di scrivere questo racconto, dopo aver letto alcuni articoli riguardanti alcuni testi ritrovati nell’archivio della Biblioteca Nacional del Perù; in questi documenti veniva indicato che, un prussiano, A. R. Berns, aveva fondato una società per azioni, “Huacas del Inca” con lo scopo di finanziare una spedizione nella giungla peruviana e in particolare, in un sito archeologico, la cui collocazione poteva essere compatibile con quella di Machu Picchu. Sabrina Janesch che, oltre ad essere una scrittrice, è anche uno storico, ha iniziato a fare ricerche in Perù sia su Berns che su Bigham, ufficiale “scopritore” del famoso sito archeologico; proprio sfogliando il diario personale di Bingham, ha individuato un’annotazione su un incontro con un misterioso anziano di origine prussiana nell’insediamento di Mandor nei pressi di Machu Picchu. A questo punto, l’autrice ha cominciato ad elaborare la trama, riempiendo “i vuoti” con episodi derivati dalla sua fantasia ma assolutamente realistici, data la conoscenza del periodo storico e delle abitudini della popolazione locale.

La trama è incentrata sulla vita di Rudolph Augusto Berns: dalla sua infanzia, vissuta prima nelle campagne prussiane e poi a Berlino, passando per l’adolescenza, caratterizzata dal duro lavoro in fonderia fino ad arrivare all’età adulta; l’autrice coglie l’opportunità di raccontare anche la società e la cultura Ottocentesca sia in Europa che nelle colonie. Giunto ad essere un giovane adulto, Berns si arrangia svolgendo diversi lavori, infatti si arruola nell’esercito Peruviano, poi attraversa le Ande come ingegnere per la costruzione della storica ferrovia andina ed infine diventa esploratore, inseguendo il sogno che lo ha portato fino lì: trovare El Dorado. Il protagonista non è un cercatore d’oro ma, un esploratore nel vero senso della parola: passa tutta la sua infanzia ed adolescenza a studiare la cultura Inca con l’obiettivo di scoprire la città perduta non per trovare un tesoro ed arricchirsi.

La storia mi è piaciuta, anche se ho trovato alcune parti, soprattutto quelle iniziali troppo prolisse; si deve tenere conto che la scrittrice, essendo uno storico, abbia reputato importante descrivere l’ambientazione in cui ha collocato il personaggio, in modo da far comprendere al lettore le motivazioni di una vita così avventurosa. Consiglio questo libro agli amanti dei romanzi di avventura e soprattutto, a chi ha viaggiato in Perù, poiché durante la lettura, riappaiono come per magia tutti i siti visitati: da Cuzco alle vette andine, dalla giungla ai terrazzamenti Inca.

Una nota particolare per la copertina dell’edizione italiana di Neri Pozza: davvero un bel colpo d’occhio quando si adocchia il libro su una bancarella!

Molto forte, incredibilmente vicino

Jonathan Safran Foer (2005)     Romanzo

Voto: 4.5 out of 5 stars (4,5 / 5)

La storia narrata è attuale e triste; il protagonista è Oskar Schell, bambino newyorkese rimasto orfano di padre, dopo l’attentato terroristico dell’11 settembre 2001. Oskar, sebbene sia un bambino coscienzioso e curioso, non riesce a introiettare il lutto e cerca continuamente una motivazione razionale a quello che è successo, attraverso monologhi e domande esistenziali. La trama si incentra sul ritrovamento di una chiave misteriosa nell’armadio del padre, a cui Oskar, cercherà di dare una spiegazione, vagando per la metropoli in cerca del proprietario, un certo “Black”. La narrazione però, è caratterizzata da altri filoni importanti per il significato intrinseco del romanzo, come, l’incontro dei nonni paterni nei primi anni Cinquanta o il bombardamento di Dresda durante la Seconda Guerra mondiale. Inizialmente, ogni capitolo sembra raccontare una storia a sé, dov’ è molto difficile capire chi sia il protagonista e come l’episodio possa legarsi alle vicende di Oskar ma, durante la lettura, tutti i pezzi vanno al proprio posto!

“Molto forte, incredibilmente vicino” non tratta solo della difficoltà di superare un lutto ma, descrive molteplici e poliedriche relazioni umane, attraverso emozioni e sentimenti intensi e a tratti, disperati; qualche esempio possiamo trovarlo quando si parla dello stretto legame tra Oskar e il padre oppure, del rapporto tra la nonna e il nipote, basato su una solidarietà e aiuto reciproco, o dell’impossibilità per due persone di creare un futuro insieme, poiché non riescono a superare i traumi vissuti in gioventù. E’ proprio questo, insieme alla tipologia di scrittura, che rendono il libro un piccolo capolavoro della letteratura.

Infatti, il romanzo mi ha conquistata poco alla volta…all’inizio, pensavo addirittura di non terminarlo, visto la particolarità della scrittura e la confusione delle vicende raccontate. Non capivo nulla, mi sembrava non ci fosse né un capo né una coda ed inoltre, i monologhi e le domande serrate di Oskar non aiutavano la comprensione. COME MI SBAGLIAVO!!! Dopo essermi abituata al testo, la trama pian piano ha preso forma e la lettura è diventata fluida e coinvolgente.

Dal libro hanno tratto anche un film; non l’ho ancora visto ma spero davvero che il regista abbia messo in luce le emozioni che vengono così ben descritte da Jonathan Safran Foer.

L’educazione

Tara Westover (2019)    Autobiografia

Voto: 5 out of 5 stars (5 / 5)

E’ l’autobiografia romanzata della giovane autrice americana, docente di Storia all’Università di Cambridge, che ha vissuto la sua infanzia, lontano dalle tecnologie e in preda ad un padre-padrone maniacale e al fratello violento.

E’ un romanzo forte, a tratti crudo ma, è davvero un libro che dovrebbero far leggere a scuola per capire quanto l’educazione sia fondamentale nella vita di un ragazzo. La narrazione è fluente e il lettore è trasportato nella vita della protagonista, soffrendo con lei e sperando che, possa fuggire da quella prigione in cui è nata. La chiave di volta è infatti l’istruzione che, conferisce a Tara, la consapevolezza del pericolo e del rischio alla quale è sempre stata esposta. E’ talmente influenzata dai famigliari, di credo mormone che, permane in lei un senso di colpa e un’inadeguatezza tale, da impedirle di gioire per i suoi traguardi accademici. Poco a poco il castello di terrore, superstizione e deliri a cui era abituata cade, ma è difficile per lei, rendersi conto che non potrà più tornare indietro; non può coesistere la sua vita nella società odierna e il mondo delirante in cui i suoi famigliari si ostinano a vivere.

Ammiro molto questa ragazza, non solo per la sua intelligenza ma soprattutto, per la sua forza, che le ha consentito prima di tutto, di sopravvivere e poi, di ripartire
dopo un lungo percorso di sofferenza, ricostruendosi una nuova vita in un mondo, a lei parzialmente estraneo. Mi ha sconvolto l’estremismo dei genitori che, pur di seguire i “loro precetti”, hanno messo a rischio la vita dei figli e che, sono talmente accecati dalle loro convinzioni, da negare la realtà e allontanare una figlia riconoscendola come “Satana”.

Tara è una mia coetanea, mi angoscia pensare che sia cresciuta negli Stati Uniti e che abbia vissuto la sua infanzia a raccogliere rottami in discarica, mentre io frequentavo le elementari; mentre io vivevo le prime esperienze come adolescente, lei era malmenata dal fratello sentendosi chiamare “Puttana” per essersi truccata.

Questa storia mi ha turbato e appassionato poiché, si racconta di tante cicatrici fisiche e psicologiche ma anche del riscatto e dell’emancipazione!
Consiglio assolutamente la lettura di questo libro, magari in un momento in cui la mente è libera da preoccupazioni e si può intraprendere una lettura un po’ più impegnativa: ne vale assolutamente la pena, fidatevi!

La promessa

Friedrich Dürrenmatt (1986)        Romanzo Giallo

Voto: 3 out of 5 stars (3 / 5)

Romanzo giallo dove, non è tanto importante la storia, quanto la psicologia del protagonista, il commissario Matthai; ruota intorno alla sua figura, tutto il caso della bambina, trovata morta in un campo, nei pressi di un piccolo paesino svizzero.

L’autore, narra la vicenda tramite un altro personaggio coinvolto nel caso, il sostituto procuratore il quale, racconta l’episodio ad uno scrittore, a cui sta dando un passaggio.

E’ molto difficile recensire questo libro senza fornire indizi, per cui, tratterò dello stile che è scarno ed essenziale ma, la narrazione divisa in brevi capitoli, coinvolge il lettore. L’autore descrive i pochi personaggi in modo dettagliato, soprattutto dal punto di vista psicologico e senza utilizzare minuziose descrizioni. Lo stesso si può dire dei dialoghi: lineari ed efficaci che fanno comprendere molto bene la scena presentata.

Mi è piaciuto molto il discorso iniziale tra il sostituto procuratore e lo scrittore in cui, viene spiegato come la realtà non è quella raccontata nei polizieschi, in cui non esiste il caso o la sorte. Infatti, nei romanzi, è sempre tutto calcolato in modo che il lettore si perda tra tracce e sospetti fittizi ma, la trama è ben tracciata e il disegno, quando viene svelato, è molto lineare; al contrario, un vero detective deve anche tener conto della fatalità e del destino che, agisce cambiando le carte in tavola sia a favore che a sfavore della polizia. L’autore lo vuole far capire e lo evidenzia  soprattutto nel finale… Ops! Forse sto dicendo troppo…mi devo fermare qui!

Ho valutato il libro con 3 stelline perché, sebbene la lettura sia scorrevole, a me piacciono i gialli con una trama intricata in cui, i molti indizi portano al colpevole…proprio quei romanzi gialli additati, in questo libro, come storie irreali! Ognuno ha suoi difetti… questo però, è assolutamente un giudizio personale.

Per chi fosse interessato, da questa storia hanno tratto anche un film interpretato da Jack Nicholson e diretto da Sean Penn; non l’ho ancora visto, ma so che l’ambientazione e qualche frammento della storia, sono stati modificati.

Il ladro gentiluomo

Alessia Gazzola (2018) Romanzo Giallo

Voto: 3.5 out of 5 stars (3,5 / 5)

Le vicende di Alice Allevi mi hanno sempre divertita molto; devo osservare che in quest’ultimo libro, l’autrice ha dato il meglio di sé, tessendo un intreccio complesso e per nulla banale. Solo negli ultimi capitoli prende forma la verità e la soluzione del caso, anche perché, il lettore è distratto dalle vicende personali della protagonista e dagli altri personaggi che, abbiamo imparato a conoscere negli altri libri.

Si legge velocemente perché i dialoghi sono fluidi e scorrono bene. La Detective story è ben impostata, come anche le storie “accessorie”; ci sono episodi commuoventi ma anche molto divertenti, grazie all’introduzione di nuovi personaggi molto ben caratterizzati che, coinvolgono la protagonista (ma anche il lettore!) nelle loro vite.

Insomma in questi tempi, dove è d’obbligo restare a casa e le notizie dal mondo non sono così positive, è bello distrarsi con romanzi che strappino al lettore qualche sorriso.