John Williams (1965) Romanzo
Voto: (4 / 5)
“I colleghi di Stoner, che da vivo non l’avevano mai stimato gran che, oggi ne parlano raramente; per i più vecchi il suo nome è il monito della fine che li attende tutti,
per i più giovani è soltanto un suono, che non evoca alcun passato o identità particolare
cui associare loro stessi o le loro carriere”
Questa frase compare nel primo capitolo del libro. Riassunto chiaro e coinciso relativo, ad un ordinario docente universitario, dal carattere mite e pacato che, vivendo e lavorando nella stessa città per anni, non ha particolari meriti o demeriti a suo carico.

E allora? Cosa c’è da raccontare?
Prendo in prestito le parole di Peter Cameron che, nella postfazione del testo, afferma: “la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può sfruttare una straordinaria messe letteraria. E’ il caso che abbiamo davanti.”
Non sono totalmente d’accordo, come sostengono molti, che la trama sia piatta e monotona e che sia solo la qualità della scrittura a coinvolgere il lettore. E’ vero, che non ci sono grandiosi colpi di scena o episodi di azione poliziesca ma, non definirei la vita di Stoner così piatta…almeno due personaggi ostacolando continuamente la vita del protagonista, vivacizzano la narrazione.
Senza dubbio, lo stile di John Williams è magistrale perché riesce a descrivere, senza essere troppo minuzioso, le emozioni e gli stati d’animo del protagonista e dei personaggi con cui si relaziona. Attraverso qualche dettaglio il lettore comprende chi è il soggetto di cui si sta parlando, quali sono le sue debolezze e le sue fragilità. Per esempio, già dai primi capitoli, si comprende l’instabilità psichica della moglie di Stoner, prima attraverso alcuni dettagli relativi alla sua rigidità fisica e poi successivamente diventa esplicito tramite il suo comportamento nei confronti del marito e della figlia. Tuttavia l’autore non cita mai apertamente la malattia mentale di Edith.
John Stoner utilizza una delicatezza e un tatto straordinari per raccontare alcuni momenti fondamentali del libro, ad esempio l’ultimo capitolo è commovente e coinvolgente…sembra di vivere quella scena così straziante insieme al protagonista.
Insomma, William Stoner diventa per il lettore una persona cara, di cui essere complici durante i pochi momenti felici e per cui essere benevoli, nelle numerose vicende conflittuali che punteggiano la sua vita. Si prova una certa tenerezza per lui e ci si arrabbia, per la sfortuna che lo insegue.
La prima edizione è passata in sordina ed è datata 1965; solo ora, questo romanzo è stato riscoperto! Con l’occasione cambierei l’immagine della copertina visto che è troppo anonima! E’ vero che Stoner è un personaggio mite e pacato però, la grafica scelta è davvero triste.