Michel Bussi (2011) Giallo
Voto: (4 / 5)
“La faccenda durò tredici giorni. Il tempo di un’evasione. Tre donne vivevano in un paesino. La terza era quella con più talento, la seconda era la più furba e la terza la più determinata. Secondo voi, quale delle tre è riuscita a scappare?”
Il romanzo è incentrato sull’omicidio di un odontoiatra che abita nel paese di Giverny, noto per essere stato il luogo prediletto da Monet per dipingere il ciclo delle “ninfee”. Inizialmente, la trama sembra poco articolata invece, procedendo con la lettura, si aprono tre filoni d’inchiesta dai quali deriveranno diversi punti interrogativi; i due investigatori incaricati del caso dovranno cercare la verità, esponendosi personalmente e rischiando anche la loro carriera.
Ho acquistato questo libro primo, perché ho letto recensioni molto entusiaste e secondo, perché affascinata dalla copertina: le ninfee scure su uno sfondo rosso brillante hanno destato subito la mia attenzione. La narrazione scorre abbastanza fluentemente anche se, devo confessare, determinati punti mi hanno un po’ annoiata visto che l’autore si dilunga troppo in rappresentazioni di ambienti e i dialoghi a volte non sono così significativi; il ritmo non è mai vivace, le scene si susseguono lentamente poiché, le azioni e i pensieri dei vari personaggi sono descritti molto dettagliatamente, in modo da delineare il carattere delle figure coinvolte. Inoltre, Bussi inserisce riferimenti documentati e nozioni precise sul mondo dell’impressionismo e in particolare, sui dipinti di Monet, che diventano il filo conduttore del romanzo. Un’altra cosa da sottolineare è la scelta di alternare il punto di vista con il quale viene raccontata la storia: in alcune parti, si dà voce ad una misteriosa vecchietta mentre in altre, l’autore sceglie di scrivere in terza persona.
Nonostante la soluzione sia indecifrabile fino alle ultime trenta pagine, proprio per via del ritmo lento e della mancanza di colpi di scena, avrei valutato il romanzo come mediocre invece, mi sono dovuta completamente ricredere . Il finale è sorprendente, originale ed inimmaginabile: è sufficiente per definire questo giallo come uno tra i migliori letti ultimamente. Una volta conosciuta la soluzione del caso, viene voglia di rileggere il testo da capo, sia per apprezzarlo meglio sia per cogliere alcuni particolari che passano inosservati.
“In tutta questa serie di eventi non esiste la minima coincidenza. Niente è lasciato al caso in quest’affare, al contrario. Ogni elemento è al posto giusto, nel momento giusto. Ogni pezzo di quest’ingranaggio criminale è stato sapientemente disposto e credetemi, lo giuro sulla tomba di mio marito, niente potrà fermarlo”.
In conclusione, ne consiglio la lettura avvisando i lettori che non vi troveranno davanti un thriller dove dopo mille peripezie i protagonisti risolvono l’enigma ma, al contrario, un romanzo dove la verità prende forma lentamente. Bussi crea un luogo apparentemente tranquillo, abitato da personaggi ordinari e anche le indagini per il delitto sembrano svolgersi in modo assolutamente regolare; in questo modo, confonde e inganna (passatemi il termine!) il lettore fino al termine del racconto quando (finalmente!) svela la realtà dei fatti che risulta incredibilmente logica e chiara. Ci si rende conto che l’autore ci ha manipolato ma non ci ha mentito: siamo stati noi a dare per scontate alcune informazioni e ad interpretare male alcuni indizi!