Cecità

Josè Saramago (1995)    Romanzo

Voto: 4 out of 5 stars (4 / 5)

” Chiunque tu sia, hai ragione, c’è sempre chi si è riempito la pancia con la mancanza di vergogna, ma noi, cui non resta più niente, se non quest’ultima e immeritata dignità, dimostriamoci almeno capaci di lottare per quanto ci appartiene di diritto”

Cosa succederebbe se all’improvviso si perdesse la vista? Cosa succederebbe se tutta una popolazione diventasse cieca e fosse lasciata in balia di se stessa? Cosa succederebbe se si venisse rinchiusi in una struttura, senza aiuto dall’esterno?
Questo è in breve ciò che è raccontato in questo romanzo.

E’ un racconto crudo, basato su un solo e semplice concetto: la privazione della vista che diventa metafora della cecità dell’anima, dell’annebbiamento della ragione, dell’involuzione sociale. L’autore vuole mettere in risalto come, in ogni persona, è presente un lato oscuro, una parte “crudele” che irrompe, quando prevale l’istinto primitivo di sopravvivenza.

Nel libro, ritorna ripetutamente, la contrapposizione tra sporcizia e pulizia: lo sporco dei corridoi, il fetore all’interno degli edifici, la putrefazione dei corpi e dei cibi si oppone alla purezza dell’acqua che toglie la sete ma, soprattutto, lava via il sudiciume. Ovviamente, è tutto allegorico; la cecità è fisica ma, soprattutto connessa all’assenza di umanità, di collaborazione e di compassione da parte dei ciechi che, indotti alla disperazione, si rendono partecipi di episodi spietati, violenze fisiche fino ad arrivare all’omicidio. Al contrario, l’acqua è il simbolo della ripulitura del corpo e dell’anima, non a caso, sono ben descritti i momenti di pulizia personale che simboleggiano la purificazione dello spirito dalle maltrattamenti subiti e compiuti e alla fine…ops mi devo bloccare se no svelo il finale!!!

In un’intervista, Saramago disse: “Volevo raccontare le difficoltà che abbiamo a comportarci come esseri razionali, collocando un gruppo umano in una situazione di crisi assoluta. La privazione della vista è, in un certo senso, la privazione della ragione. Quello che racconto in questo libro, sta succedendo in qualunque parte del mondo in questo momento”. Infatti è così: l’epidemia si presenta in un luogo qualsiasi, in un tempo non specificato e a persone senza nome; perché il problema della “cecità spirituale” è un problema della società in generale, una corruzione dell’anima che ha colpito e colpisce, tutte le razze, tutte le età, a tutte le latitudini. Secondo Saramago, chiunque può essere il personaggio di questa storia; verso la fine del libro questo pensiero viene ben esplicitato: “ i ciechi non hanno bisogno del nome, io sono questa mia voce il resto non è importante” .

C’è una figura che spicca e può essere considerata diversa dalle altre: la moglie del medico, l’eroina di questa storia. Infatti, anche per i racconti più crudi esiste una speranza e questa, è rappresentata da questa donna: forte, pragmatica e coraggiosa che non esita ad accompagnare il marito nel momento di difficoltà e a salvare il “branco di ciechi” dall’inferno del manicomio e dalla violenza causata dalla fame. Potrei definirla il personaggio della purificazione visto che, è l’unica che è direttamente a contatto con l’acqua: lava le compagne, si occupa della pulitura dei vestiti, e infine dà da bere ai compagni assetati; ogni suo gesto o decisione, è una piccola speranza in cui gli altri si rifugiano. Lei, è l’unica persona che può vedere e diventa l’unica persona che ha il desiderio di diventare cieca, per non guardare le terribili crudeltà che, ogni giorno, si presentano sotto i suoi occhi. Ad un certo punto della narrazione, la donna dice: “ ho la responsabilità di avere gli occhi quando gli altri li hanno perduti…aiuterò per quanto sarà nelle mie possibilità”: ecco tutto il peso che porta sulle sue spalle!

Il testo, sebbene in alcune parti sia crudo e brutale, ti coinvolge totalmente; avrete capito che è una lettura impegnativa sotto molti aspetti ma, porta a riflettere sulla condizione in cui viviamo. Ovviamente è una situazione paradossale, portata all’estremo ma proprio per questo, porta a domandarsi se potrebbe succedere anche nella vita reale. In fondo, nella nostra società si sta diffondendo l’indifferenza, la paura del diverso e per tutto ciò che non si conosce; nessuna tra queste è una “malattia fisica”, come la cecità ma, tutte possono essere considerate “malattie dell’anima” e come vuole farci capire Saramago, ognuna di queste, può essere molto pericolosa per la nostra società e per il nostro futuro.

Un piccolo accenno va fatto anche alla struttura narrativa adottata da Saramago; chi conosce i suoi romanzi ne conosce anche lo stile che, a mio parere si adatta molto bene a questa storia. All’inizio, comprendere il testo è molto difficoltoso per via dell’assenza di punteggiatura e dell’assenza di separazione tra discorsi diretti e indiretti ma, incredibilmente, quando ci si abitua a questa impostazione, tutto diventa più chiaro e definito. Consiglio all’inizio una lettura a voce alta!

Al termine della lettura, è difficile “lasciare andare i personaggi” e nei giorni successivi si pensa a che fine faranno,  se manterranno il legame forte che si è creato e riusciranno a vivere normalmente nonostante, un trauma così grande. Insomma, riusciranno a ricostruire un mondo diverso?

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